Pubblicità , l’Authority salva Mediaset
ROMA – Alla fine, il Garante per le Comunicazioni scatterà una sua istantanea sulla pubblicità in Italia. Ma la fotografia potrebbe risultare sfuocata e, soprattutto, graditissima al gruppo Mediaset. Nella burrascosa riunione di ieri pomeriggio, i commissari vicini al centrodestra sono riusciti a cambiare il “codice genetico”, il profilo stesso di questa indagine conoscitiva. Fino a ieri, l’indagine riguardava la pubblicità che viaggia sui media tradizionali (giornali, televisione, radio) e sui media innovativi (come Internet). Il voto di ieri, invece, allarga a dismisura i confini dell’indagine conoscitiva, che ora ingloberà le attività di marketing e di “comunicazione di relazione”. Si tratta dei servizi che le agenzie pubblicitarie assicurano alle imprese. Non solo. L’indagine accenderà un faro anche sulla pubblicità che si materializza sulle reti sociali, i famosi social network come Facebook, Youtube o MySpace. Il duplice allargamento dell’indagine ha un preciso effetto. Il mercato pubblicitario risulterà adesso più grande di 12 miliardi e oltre. In questo oceano che si allarga a dismisura, risulterà meno ingombrante la posizione di Mediaset (forte di quasi due miliardi di risorse ogni anno). Questo d’altra parte era l’obiettivo primario dei 4 commissari del Garante più vicini al centrodestra: evitare che l’istantanea sulla pubblicità svelasse le dimensioni sconfinate del gruppo televisivo milanese. L’allargamento del perimetro dell’indagine arriva, alla fine, con cinque voti a favore. Ha dato la sua benedizione anche il presidente dell’organismo di garanzia, Corrado Calabrò. A nulla è servita la resistenza dei tre commissari di area moderata o progressista presenti alla riunione. A nulla sono servite, poi, le obiezioni che gli stessi tecnici del Garante hanno mosso all’allargamento dei confini di indagine. Inutilmente, in un loro parere di 14 pagine, i tecnici spiegano che marketing e “comunicazione di relazione” non andavano inglobati nell’indagine: questi settori – scrivono inascoltati nel parere – «non assumono rilievo sotto il profilo del pluralismo del settore delle comunicazioni». Per le loro caratteristiche – insistono i tecnici – marketing e “comunicazione di relazione” sono un qualcosa di diverso rispetto alla pubblicità che viaggia su una radio o su un canale tv. Ed è improprio, dunque, inglobarli nello stesso calderone. Peraltro questi due settori (marketing e “comunicazione di relazione”) fanno capo ad una «miriade di agenzie» dalle caratteristiche molto diverse. A volte queste sono indipendenti e ricevono un compenso per la loro consulenza. Altre volte, sono entità interne alle aziende stesse che vogliono fare pubblicità . In questo secondo caso – sottolineano i tecnici – l’indagine faticherà ad individuare il giro di affari delle agenzie «poiché fa loro capo un’attività intragruppo». Ma questa argomentazione e tutte le altre del parere sono state come ignorate dal voto di ieri pomeriggio. L’indagine si allarga senza freno, con voto a maggioranza.
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