“Fukushima è come Cernobyl” il governo ammette la catastrofe la Tepco: “Si rischia di più”

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TOKYO – Dopo un mese di reticenze, ritardi e rassicurazioni in contrasto con l’evidenza, il governo del Giappone ha ammesso ieri che il livello di gravità  del disastro atomico nella centrale di Fukushima, innescato dallo tsunami dell’11 marzo, è lo stesso di quello esploso 25 anni fa a Cernobyl. L’agenzia per la sicurezza nucleare giapponese ha elevato lo standard da 5 a 7, il massimo previsto dalla scala internazionale Ines, che definisce gli eventi nucleari e le loro radiazioni. Fino a ieri la crisi di Fukushima, secondo le autorità  di Tokyo, sarebbe stata «un incidente con conseguenze ampie sul territorio, ma con una limitata fuga di materiale radioattivo». Sotto la pressione delle agenzie internazionali e delle misurazioni indipendenti di ricercatori e organizzazioni ambientaliste, il governo è stato costretto ad ammettere che le esplosioni generate dalle avarie ai sistemi di raffreddamento del combustibile, hanno comportato una «grande emissione di materiale radioattivo, con rischi diffusi per la salute e per l’ambiente». La Tepco, gestore dell’impianto, ha dichiarato di temere che la fuga di particelle contaminate possa rivelarsi infine addirittura «superiore a quella di Cernobyl», fino ad oggi la più grave della storia. «La perdita – ha rivelato un funzionario – non si è ancora completamente arrestata». L’agenzia nucleare giapponese ha precisato che l’assegnazione del livello 7 all’incidente di Fukushima Daiichi è provvisorio e che le emissioni radioattive reali nell’ultimo mese equivalgono al 10% di quelle misurate in Ucraina nel 1986. A imporre l’equiparazione tra Fukushima e Cernobyl è la concentrazione oraria dell’unità  di misura della contaminazione. Nell’impianto a nord di Tokyo, alla metà  di marzo, per molte ore le emissioni hanno superato i 10mila tera Bequerel di iodio 131, soglia del livello 7 di un incidente. Si sono poi ridotte, fino a 1 tera Bequerel all’ora, ma fra il 12 marzo e il 5 aprile una persona rimasta all’aria aperta per otto ore al giorno, all’interno di un raggio di 30 chilometri dai reattori esplosi, avrebbe accumulato una dose radioattiva di 34 milisievert: il triplo del limite sopportabile per non vedere compromessa la salute. Gli esperti di energia atomica sottolineano che l’innalzamento della gravità  della crisi da 5 a 7 è un «passaggio tecnico che per ora non significa che Fukushima sia per il mondo una nuova Cernobyl». In un mese il totale delle radiazioni giapponesi sarebbe inferiore a 180 mila tera Bequerel, ossia dieci volte meno di quelle ucraine, e le emissioni non avrebbero raggiunto gli strati alti dell’atmosfera. Il premier Naoto Kan ha dichiarato che nella centrale «la situazione passo dopo passo si sta stabilizzando e le radiazioni diminuiscono» e che la Tepco «dovrà  presentare al più presto una relazione sulle prossime iniziative da adottare». Il governo, già  indebolito dall’opacità  e dalla lentezza con cui ha gestito il dopo-tsunami, è però ormai ufficialmente sotto attacco. Ieri Kan si è dovuto difendere dall’accusa di «aver nascosto la realtà  e di aver ritardato l’evacuazione delle zone contaminate», sostenendo di aver «atteso le valutazioni degli esperti sulla base degli standard internazionali». Cina e Corea del Sud sono tornate ad esprimere «sconcerto e preoccupazione» e a chiedere al Giappone «informazioni rapide, complete e accurate». La Borsa di Tokyo ha chiuso a meno 1,69%, lo yen si è rafforzato e i dati finanziari esprimono lo shock del Paese di fronte ad una crisi che sembra non avere fine. La popolazione, abituata a nutrire una fiducia cieca nella propria classe dirigente, inizia a non credere più a quanto viene riferito. Si chiede perché per un mese il governo ha assicurato pubblicamente che le radiazioni erano contenute e circoscritte in un raggio di dieci chilometri da Fukushima, mentre rivelazioni di stampa hanno dimostrato ieri che fino dalle prime ore del 12 marzo la drammaticità  del quadro era chiara ai massimi livelli e che alcuni ministri hanno inviato all’estero i famigliari. Migliaia di persone, bambini compresi, per quattro settimane non sono state evacuate da zone a rischio e ancora oggi il mistero avvolge la commestibilità  di ortaggi, pesce, acqua e latte provenienti dalle prefetture più investite dalle radiazioni. La lentezza dei soccorsi nelle zone sconvolte dallo tsunami avrebbe causato oltre 300 vittime morte per freddo, sete e mancanza di cure. Si teme che la crisi di Fukushima continui ad essere fuori controllo e che il governo menta per evitare che la nazione precipiti nel panico. A preoccupare contribuisce anche il susseguirsi dei sismi, in un mese oltre 400 superiori al 5º grado Richter. Ieri altre due scosse violente, oltre il 6º grado, alle 8.08 e alle 14.07 hanno fatto tremare il Nordest e i grattacieli di Tokyo. Un incendio scoppiato nel reattore 4 di Fukushima, dove l’acqua contaminata viene dispersa nell’oceano, è stato domato. Esperti Usa sostengono che il Giappone si trova solo «all’inizio di un’attività  sismica forte che potrebbe durare una decina d’anni». Se la previsione si rivelasse fondata, l’incrollabile tenacia della popolazione potrebbe non bastare per ricostruire la terza potenza economica del mondo.


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