“La Ue ci aiuti o è meglio dividerci”
LAMPEDUSA – «L’Europa o è qualcosa di vero e di concreto, altrimenti non è. E allora meglio tornare a dividerci e ciascuno a inseguire le proprie paure e i propri egoismi». Lo slogan a effetto, stavolta, Silvio Berlusconi non lo lancia alla folla di isolani assiepata lungo le strade del paese per la seconda visita del premier nel giro di dieci giorni. Lo fa recapitare alle istituzioni comunitarie e ai governi dei Paesi – Francia e Germania in testa – poco disposti ad aprire le loro frontiere agli immigrati cui l’Italia si appresta a concedere permessi di soggiorno temporanei. A Lampedusa il presidente del Consiglio ha dovuto prendere atto che l’emergenza sbarchi è tutt’altro che risolta, che la “liberazione” promessa fa a pugni con le cifre degli ultimi arrivi. Il rubinetto, insomma, resta aperto: «Ci saranno di certo nuove partenze dalla Libia, dove c’è una guerra in corso». E Berlusconi si appella a Bruxelles: «L’Europa deve condividere con noi l’accoglienza. Quello dell’immigrazione non può che essere un problema europeo». L’attenzione del premier è per il vertice di lunedì, a Bruxelles, fra i ministri dell’Interno dell’Ue: «Lì avremo una risposta, cui l’Europa non potrà sottrarsi». I punti che Maroni sottoporrà ai colleghi sono la richiesta dell’Italia di attivare la direttiva europea sulla protezione internazionale, il decreto sui permessi di soggiorno temporanei, la domanda di nuove risorse per la gestione dell’emergenza. Tutto ruota intorno al criterio della «ripartizione degli oneri» sull’immigrazione. Lampedusa, insomma, è ora simbolo di un’emergenza ma anche di una crisi diplomatica di difficile soluzione. A Budapest, tremila chilometri più su, il capo dello Stato Giorgio Napolitano sollecita una soluzione condivisa: «L’Europa – dice – sull’immigrazione deve parlare con una voce unica». E aggiunge che «è necessario un chiarimento sulle regole di Schengen». L’invito che Napolitano rivolge ad altri otto capi di Stato riuniti in un vertice informale è quello di «evitare meschinità nazionali e illusioni di auto sufficienza». La preoccupazione è alta, da un punto all’altro del Continente. Quello che sta venendo a mancare, denuncia il presidente del Senato Renato Schifani, è «un vero senso di fratellanza europea». Nel frattempo, nel cuore del Mediterraneo, Berlusconi non si sottrae alle punture di spillo nei confronti di Francia e Germania: «Parigi si deve rendere conto che l’80% degli immigrati dichiara di voler raggiungere la Francia per ricongiungimenti familiari. Buon senso vorrebbe che si raggiungesse presto un accordo, perché altrimenti saremo costretti ad inserire i migranti nei centri di accoglienza dove possiamo tenerli solo sei mesi: dopo sarebbero comunque liberi di raggiungere la Francia». Il Cavaliere ammette «problemi con la Germania». Ma rilancia: «Ci stiamo organizzando: la Merkel non potrà non convenire sulla necessità di una politica di compartecipazione europea».
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Suore sotto il muro
Uno scorcio del muro- Foto: Pipinato
BETANIA (Palestina) – È alto 8 metri (il doppio del muro di Berlino) e lungo 850 km. In verità altri 8 metri vanno sottoterra per prevenire eventuali tunnel di comunicazione. A Betania, nei pressi di Gerusalemme, il muro fa il giro della scuola materna volute dalle Suore missionarie comboniane (Sisters of Nigrizia) tra le quali opera suor Agnese Corrà, proveniente da un minuscolo paese del Trentino. Un paio di anni fa i bambini videro i soldati entrare nel giardino e con lunghe motoseghe tagliare gli alberi per far posto al muro (quasi interamente costruito su territorio palestinese).