“Mio figlio era lì per aiutare contro di lui violenza insensata”

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«Non riesco a capire perché gli stiano facendo questo. Era a Gaza solo per stare in mezzo alla gente e documentare quel che accadeva». Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, non trova ragioni nel rapimento del figlio. Sessantasette anni, sindaco dal 2004 di un piccolo paese sulle colline di Lecco, Bulciago, parla prima di recarsi a un appuntamento istituzionale. «Non sono dell’umore, ma devo andare. Avevo dato la mia parola». Signora Beretta, come ha appreso la notizia del rapimento? «L’ho saputo intorno alle sette di sera da alcuni conoscenti che guardavano la tv. Io non ero a casa. Solo poco fa ho visto la foto di mio figlio bendato su RaiNews…». È stata contattata dalla Farnesina? «Mi hanno detto che sono in contatto con le autorità  e con i nostri rappresentanti diplomatici locali per seguire l’evolversi della situazione». Da quando non aveva notizie di suo figlio? «Lo avevo sentito all’inizio della settimana. Abbiamo discusso del suo rientro. Dopo un anno e mezzo stava programmando di tornare in Italia. Si trovava a Gaza City dal gennaio 2010. Era andato per la prima volta nel 2008 durante l’operazione israeliana “Piombo fuso”. Aveva raccontato il dramma dei palestinesi su Il Manifesto e poi nel libro Gaza. Restiamo umani». Quali progetti seguiva ultimamente Vittorio? «All’inizio accompagnava in mare i pescatori palestinesi per proteggerli con la sua presenza e quella di altri volontari internazionali dalla guarda costiera della marina israeliana. Ultimamente invece scriveva corrispondenze per Peace Reporter e scortava insieme ad altri compagni i contadini palestinesi che rivendicavano il diritto a coltivare la terra nella zona cuscinetto al confine con Israele. Marciava sino al confine spesso sotto il tiro dei proiettili israeliani». Temeva per la sua incolumità ? «Assolutamente no. Era sereno. Perché avrebbe dovuto temere qualcosa se quel che faceva era solo testimoniare?».


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