“Nessuna strategia per i rom”: la denuncia degli operatori sociali

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ROMA – Strategie concertate, documentazione e valutazione degli interventi realizzati. Ecco i grandi assenti quando si parla di politiche nazionali e locali che riguardano la minoranza rom e sinti in Italia. È quanto denuncia la ricerca “Un’altra città  è possibile. Percorsi di integrazione delle famiglie rom e sinte a Roma: problemi, limiti e prospettive delle politiche di inclusione sociale” realizzata dall’associazione Geordie Onlus, un’associazione formata da operatori sociali impegnati nella capitale che questa mattina, presso Palazzo Valentini a Roma, ha presentato lo studio realizzato grazie al sostegno dell’Ufficio Osce per le istituzioni democratiche e i diritti dell’Uomo (Odihr) con i fondi della Canadian international developmente agency (Cida) e della Repubblica Ceca.

Oggetto di studio proprio gli interventi realizzati nel territorio capitolino. “Roma è una delle città  italiane in cui sono stati sviluppati la maggior parte degli interventi volti all’inclusione sociale – si legge nella ricerca -. Si è trattato, però, di interventi che non sono mai stati frutto di una strategia complessiva e concordata fra le diverse istituzioni. Si è assistito ad una continua riduzione della varietà  di strumenti di azione pubblica utilizzati. Si registra, inoltre, una mancanza di valutazioni e di analisi serie e sistematiche dell’impatto delle politiche sociali e dei progetti sulla vita e sulle condizioni delle comunità  rom e sinti finalizzate all’individuazione dei fattori di successo o di fallimento delle misure”. La ricerca ha preso come periodo di riferimento quello che va dal ’93 ad oggi, non senza difficoltà . “È stato difficile ricostruire il quadro degli interventi realizzati in questi anni – ha spiegato Massimiliano Fiorucci, responsabile scientifico dell’associazione -. Non esisteva nessuna banca dati anche rispetto alla scolarizzazione, il percorso che ha maggiore storia su cui ci sono stati tra i più importanti investimenti i dati non sono completi”.

Per Massimo Introvigne, rappresentante dell’Osce per la lotta contro razzismo, xenofobia e discriminazione intervenuto questa mattina, è tempo di un cambiamento culturale. “Solo se smettiamo di parlare di nomadi supereremo anche la logica dei campi, dei trasferimenti, di questa sorta di gioco dell’oca che trasferisce di campo in campo e tutte le criticità  che emergono dal rapporto”. Secondo lo studio, però, è anche il tempo delle scelte di intervenire sulle problematiche con progetti a lungo termine. “A differenza di quanto è accaduto in altri stati europei – si legge nella ricerca -, l’Italia continua a non promuovere politiche di inclusione sociale a lungo termine in favore delle comunità  rom e sinti riducendo la discussione ad una questione di ordine pubblico e di sicurezza. Tale atteggiamento, oltre ad avere un costo altissimo in termini di crescita nel livello di confronto etico e politico, comporta anche dei costi economici. La gestione emergenziale rischia di promuovere unicamente interventi miopi che alla fine alimentano l’emergenza stessa innescando un circolo vizioso difficile da interrompere”.

Della mancanza di un quadro generale sulle politiche che riguardano le minoranze rom e sinti ha parlato anche Luca Pacini, responsabile area welfare, scuola e immigrazione dell’Anci. “In tutti i rapporti delle varie commissioni sui diritti umani delle Nazioni unite o della Commissione europea – ha affermato-, viene stigmatizzato fortemente il nostro paese dove manca un quadro strategico per affrontare la questione della minoranza rom. E’ una richiesta che arriva anche dai comuni, perché avere un quadro strategico vuol dire una cornice normativa istituzionale che permetta agli amministratori di muoversi con una certa puntualità ”. Tra le proposte avanzate dall’associazione Geordie, infine, “la costituzione di un centro di documentazione rispetto a quanto realizzato, anche in negativo – ha concluso Fiorucci -. Un elemento da cui ripartire e su cui riflettere in modo propositivo”.

 

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