“Scudo umano”, ma per vocazione una vita dalla parte dei palestinesi

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GERUSALEMME – Vittorio Arrigoni è arrivato a Gaza tre anni fa con la prima missione pacifista della Flottiglia e da allora, tranne brevissimi periodi, è sempre rimasto nella Striscia divenendone a tutti gli effetti “un cittadino”. Trentasei anni, uno spirito allegro, nonostante la dura vita che deve affrontare chi per scelta milita come lui nell’International Solidariety Movement, un gruppo di attivisti che fanno da scudi umani per permettere ai pescatori di Gaza di lavorare anche nelle zone vietate dagli israeliani (i pescatori nella Striscia non possono superare le tre miglia marine con le loro barche per il blocco della Marina militare israeliana). Vittorio per questo era rimasto ferito. Poi lui faceva anche lo scudo umano accompagnando i contadini nelle Buffer Zone – un’area che va dai 500 metri al chilometro e mezzo – le aree coltivabili al confine con Israele dove vieta ogni attività  per motivi di sicurezza ma che rappresentano il 30% delle terre coltivabili di Gaza. «Non credo ai confini e alle barriere, credo che apparteniamo tutti, indipendentemente dalle latitudini, alla stessa famiglia umana», dice così Arrigoni in uno dei tanti servizi da Gaza, molti dei quali disponibili on-line. L’attivista per i diritti umani («non è un lavoro, ma una vocazione», dice di sè su Facebook) scriveva per il manifesto e per il suo blog guerrillaradio.Iobloggo.It. Il suo ultimo post è la denuncia della morte sul lavoro, mercoledì, di quattro lavoratori «per via del crollo di uno dei tunnel scavati dai palestinesi sotto il confine di Rafah». Tramite i tunnel, spiegava Arrigoni, «passano tutti i beni necessari che hanno permesso la sopravvivenza della popolazione di Gaza strangolata da 4 anni dal criminale assedio israeliano». Dai tunnel riescono a entrare nella Striscia beni principali quali alimenti, cemento, bestiame. Anche gli ospedali della Striscia si approvvigionano dal mercato nero dei tunnel. E dai tunnel passano, però, anche i rifornimenti di armi per i gruppi armati. Sull’assedio di Gaza da parte degli israeliani, Arrigoni ha anche scritto un libro, «Restiamo umani», in cui ha ricostruito dal punto di vista dei pacifisti «le tre settimane di massacro subite dai palestinesi» durante l’Operazione Piombo Fuso del 2009. Nello scorso dicembre insieme all’amico regista Maurizio Fantoni Minnella aveva realizzato un documentario che sta per essere presentato in Italia dal titolo « Gaza a cielo aperto», sulla vita quotidiana dei netturbini di Gaza, costretti a raccogliere l’immondizia con carretti trainati da asini a causa dell’embargo che limita l’ingresso di container, mezzi e carburante nella Striscia e sulle tonnellate di spazzatura che invadono le strade. L’ultima parte del documentario è tutta dedicata a Vittorio. «Lui è un pacifista serio e coerente», racconta Fantoni Minnella, «faceva un’opera di interposizione pacifica a favore dei pescatori e dei contadini palestinesi…». Nel nostro documentario lo abbiamo seguito mentre, come ogni settimana, marciava insieme ad altri militanti internazionali e ai contadini palestinesi nella zona cuscinetto per due chilometri sino al confine con Israele dove piantava la bandiera palestinese in segno di riappropriazione simbolica, la zona costantemente pattugliata da un aereo telecomandato israeliano. Confesso che avevo molta paura mentre giravamo… «.


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