“Troppe disuguaglianze in Gran Bretagna colmeremo il divario tra ricchi e poveri”

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LONDRA – Dicevano che è troppo di sinistra, troppo intellettuale, troppo stravagante. Eppure Ed Miliband, 41 anni, da solo sei mesi nuovo leader del Labour, ha riportato il suo partito solidamente in testa nei sondaggi: l’ultimo dà  ai laburisti un vantaggio di dieci punti, 45 a 35 per cento, sui conservatori di David Cameron, con i liberaldemocratici loro alleati nella coalizione di governo di centrodestra appena al 9 per cento, risultato che, tradotto in seggi, darebbe al Labour una schiacciante maggioranza di cento deputati. Visto da vicino, a un incontro organizzato da Policy Network, la fondazione creata da Peter Mandelson agli albori del blairismo, Miliband non appare carismatico come Tony Blair ma nemmeno noioso come Gordon Brown, i suoi due predecessori sulla poltrona di numero uno laburista. Ecco il suo piano per riconquistare il potere. Molti si aspettavano che le forze di centrosinistra avrebbe beneficiato dalla crisi del capitalismo e dalla peggiore recessione del dopoguerra, invece il centrodestra è al governo in quasi tutta Europa. Perché, secondo lei? «Perché la politica non ha ancora fatto tutti i conti con la recessione. Si è parlato della necessità  di regolare maggiormente i mercati finanziari, di porvi dei limiti, di equilibrarli con più attenzione ai bisogni della società . Ma la questione chiave è un’altra e a mio parere è finora rimasta senza risposta: l’ineguaglianza. Non più solo la vecchia ineguaglianza tra ricchi e poveri, ma anche quella tra chi sta al vertice della scala sociale e chi sta nel mezzo ma si sente sempre più schiacciato. La crisi è stata scatenata dai cosiddetti mutui troppo facili, ma a scatenare il contagio di quei soldi presi a prestito da troppa gente con un rischio troppo alto è stato proprio il crescente impoverimento della classe media. Affrontando questo problema, le forze di centrosinistra riprenderanno vigore». Lei ha ricevuto critiche dal governo per avere parlato alla manifestazione di protesta dei giorni scorsi a Londra contro i tagli alla spesa pubblica, una marcia poi finita con scontri tra dimostranti e polizia. Come risponde? «Innanzi tutto a quella marcia c’erano 300 mila persone di ogni ceto sociale e i disordini sono venuti da qualche centinaio di giovani, per cui è sbagliato concentrare l’attenzione solo su questi ultimi. E poi la politica elitaria, la politica professionista, è comprensibilmente detestata dalla gente. Bisogna uscire dalla bolla del potere, da Westminster, per capire cosa vuole la società . Bisogna aprire la politica alla gente e la scelta di parlare a quella marcia è stato un passo in tale direzione». Nei giorni scorsi lei è salito su un palco insieme ai leader dei Verdi e dei liberaldemocratici per sostenere il fronte del Sì nel referendum per cambiare il sistema elettorale britannico, che si terrà  a maggio. E’ il segnale che il Labour punta a un governo di coalizione con quelle forze, se tornerà  al potere? «Sono il leader dei laburisti e punto a conquistare una maggioranza più larga possibile per il mio partito. Ma il futuro della politica è meno tribale di oggi e di ieri. L’attaccamento della gente è più a programmi concreti che a etichette ideologiche. Ci possono essere momenti di accordo su singole questioni o anche larghe intese. Le scene di David Cameron e io che bisticciamo in parlamento non danno alla gente un’impressione positiva della politica. Gli elettori vorrebbero vederci lavorare insieme per il bene comune, quando è possibile». Con Cameron le pare che i conservatori siano cambiati o sono sempre i soliti Tories di impronta thatcheriana? «Socialmente sono diventati più liberali. Ma economicamente restano profondamente conservatori, come dimostra la loro ricetta per ridurre il deficit con tagli senza precedenti alla spesa pubblica, facendo pagare il prezzo della crisi soprattutto alle classi più deboli». Blair ha vinto tre elezioni di seguito perché conquistò il centro dell’elettorato. Lei invece vuole spostarsi a sinistra? «Anch’io so che per vincere bisogna conquistare il centro. Ma si tratta di capire dove sta il centro e cosa vuole. Oggi il centro è fatto da un classe media schiacciata dai tagli e dalle tasse. Sono convinto di poterlo convincere che l’alternativa offerta dal Labour è migliore». Pensa che sarà  possibile riportare al potere il centrosinistra in tutta Europa, come accadde negli anni di Blair? «Rinnovare e rafforzare le forze progressiste europee è uno dei miei obiettivi. Stiamo organizzando un convegno paneuropeo a questo scopo nei prossimi mesi, per analizzare le sfide comuni e il modo per affrontarle insieme. Possiamo farcela».


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