Atene, ultima chance per evitare il crac

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ROMA – Nuova ora “x” per la Grecia. Il primo ministro George Papandreou oggi presenterà  un aggiornamento del piano di intervento sui conti pubblici, con tagli di stipendi pubblici, tasse e soprattutto vendita dei «gioielli di Stato». In ballo c’è lo spettro del default. Circa 50 miliardi – è quanto ha chiesto un vecchio saggio come il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Junker – per cercare una via d’uscita, prima di pensare a soluzioni peggiori come la ristrutturazione soft, ovvero l’allungamento delle scadenze dei titoli di Stato.

La situazione della Grecia resta infatti critica: negli ultimi dieci giorni le agenzie di rating Standard&Poor’s e Fitch hanno declassato nuovamente il debito di Atene, Moody’s ha annunciato analoghe misure e l’euro ha cominciato nuovamente a perdere nei confronti del dollaro. A pesare sul futuro di Atene un debito-Pil che va verso il 150-160 per cento per il 2011 e soprattutto un dato di deficit-Pil nel 2010 al 10,5 per cento un punto in più degli impegni presi, decisiva una esposizione netta sull’estero ormai del 99 per cento del Pil.
Dunque oltre ai 110 miliardi (80 dall’Eurozona e 30 dall’Fmi) servono altri denari per consentire alla Grecia di tornare sul mercato il prossimo anno e far fede agli impegni. Ecco allora la chiave delle privatizzazioni: si parla di isole e spiagge, ma in realtà  in ballo ci sono le concessioni dell’aeroporto di Atene ai tedeschi, i casinò e il settore ippico per i francesi, ma anche le quote della Dei (elettrcità ), della Depa (gas) e della Ote (tlc).
Sullo sfondo, almeno nelle ultime ore, resta l’ipotesi della ristrutturazione, soft o hard, del debito pubblico. La Bce resta fieramente contraria: ieri lo hanno confermato i consiglieri, Jurgen Stark e l’austriaco Ewald Nowotny: «La Grecia correrebbe il rischio di non poter accedere ai mercati per un certo periodo di tempo e pagare maggiori interessi». L’unica possibilità , secondo il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, è una ristrutturazione volontaria con le banche e l’ok di Bce e Fondo, ovvero la chiave soft che non farebbe scattare i contratti assicurativi Cds e non peserebbe sui bilanci bancari perché non soggetti al mark to market.
Dopo il pre-declassamento dell’Italia da parte di S&P continuano le polemiche. La leader della Cgil Camusso ha replicato al ministro Brunetta: «Abbiamo perso il conto degli annunci, ora l’obbligo è la crescita».

 


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