Azzurri nel caos, rimpallo sulle colpe La Russa: siamo tutti in discussione

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ROMA – Nel Popolo della Libertà  regna il caos. Arrivano i risultati del ballottaggio, un vero e proprio bollettino di guerra, e nel partito si reagisce in ordine sparso. Saltato il tappo della tregua elettorale è arrivato il momento della resa dei conti interna tra le varie correnti che agitano il Pdl, con il premier Berlusconi costretto ad affrontare un uragano che negli ultimi mesi è cresciuto tanto da sfuggirgli di mano. Per tutti la parola d’ordine è «riflessione seria». Il che, tradotto, vuol dire: Berlusconi deve rimettere al più presto le mani alla macchina del Pdl per farla ripartire. Altrimenti salta tutto.

Il primo campo di battaglia oggi, con l’ufficio di presidenza del Pdl che potrebbe diventare il luogo dove fare il “processo” ai colpevoli del bagno di sangue elettorale (ognuno vede nell’altro il colpevole della disfatta). Inevitabile che tra i primi a finire sul banco degli imputati saranno i tre coordinatori nazionali, accusati di una gestione troppo verticistica del Pdl. Lo confermano le dimissioni di Sandro Bondi. La sua uscita di scena potrebbe aiutare a mettere nell’angolo gli altri due coordinatori, La Russa e Verdini. Tanto che in serata è proprio Berlusconi a parlare di Alfano come futuro coordinatore unico («è un processo avviato», dice). Lo stesso La Russa non si nasconde e ammette che «tutti devono essere messi in discussione». E l’annuncio del premier dovrebbe soddisfare l’area dei dirigenti e parlamentari che si riconoscono in Claudio Scajola, che da tempo chiede la demolizione del triumvirato.
Le critiche non mancano nemmeno dai ministri quarantenni di Liberamente, la cordata di Frattini, Gelmini e Carfagna. Il ministro degli Esteri invoca «le primarie» per scegliere il successore di Berlusconi in modo da «evitare la balcanizzazione del Pdl». Chiede anche la creazione di un direttorio in cui siano rappresentate le diversi correnti che porti fino al congresso. Vede di buon occhio anche l’idea degli Stati Generali. Proposta che raccoglie subito il consenso di Giuliano Ferrara. Per il direttore del Foglio bisogna «cambiare tutto il partito» e suggerisce di convocare «per l’1 e il 2 ottobre le primarie per eleggere il leader e tutti i segretari regionali». In una parola Berlusconi deve «rileggittimarsi». Anche il ministro Giorgia Meloni, ex An, chiede maggiore partecipazione nel partito e primarie. E a invocare l’avvio immediato della stagione congressuale è anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno che, stando ai boatos, non rinuncerebbe nemmeno all’idea, come ultima risorsa, di dar vita a dei gruppi autonomi. Tanto per capire l’aria che tira.
Dopo la batosta parla l’ex ministro dell’Interno Beppe Pisanu, per il quale serve un partito, o anche un progetto comune, dei cattolici: «Se non lo elaboriamo adesso quando lo facciamo?», si chiede il presidente dell’Antimafia. Anche Gianfranco Miccichè, leader di Forza del Sud, ha una proposta per uscire dalla crisi di consensi: «Serve una riorganizzazione del centrodestra con uno schema ben preciso, la Lega al Nord, il Partito del Sud nel Meridione e il premier che governa mediando tra i legittimi interessi e le esigenze dell’una o dell’altra parte». Cerca di tirare le fila il capogruppo a Montecitorio Fabrizio Cicchitto: «Buttiamo a mare egocentrismi e narcisismi e lavoriamo con in testa una parola faro: umiltà ». Sarà  dura.

 


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