Giornata mondiale della libertà  di stampa: protagonisti i popoli arabi

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Il messaggio del Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per l’odierna “Giornata mondiale della libertà  di stampa” rivolge particolare attenzione ai popoli dell’Africa del Nord e del Medio Oriente che in questi mesi si sono mobilitati – sottolinea Ban – “per rivendicare i propri diritti e libertà  democratiche, facendo largamente ricorso a internet e ai media sociali per operare il cambiamento in queste società ”.

Il tema della giornata di quest’anno, “Nuove frontiere, nuove barriere”, mette in luce – aggiunge il Segretario generale – “questo sconvolgimento del panorama mediatico globale. Nuovi media e strumenti quali i telefoni cellulari, offrono agli individui nuove possibilità , favoriscono la raccolta d’informazioni e rivelano comportamenti altrimenti ampiamente nascosti di governi, mondo degli affari e dell’industria”. Di fonte a questo nuovo scenario – nota Ban Ki-moon – “gli Stati impongono nuove barriere, quali sorveglianza informatica, controlli e censura su internet. Secondo il Comitato per la tutela dei giornalisti, almeno sei giornalisti che operavano soprattutto online sono stati uccisi nel corso del 2010”.

Il Comitato per la tutela dei giornalisti con sede a New York riporta una dettagliata analisi dei dieci strumenti dell’oppressione online, cioè delle dieci tattiche più usate per il controllo e l’oppressione da parte di diversi regimi: si va dal blocco del web perpetrato dall’Iran – dove il blogger Hossein Ronaghi Maleki è stato condannato a 15 di carcere per aver sviluppato un software anti-filtering software e aver ospitato altri blogger iraniani –, ai sistemi di “filtraggio mirato” adottati in Bielorussia, all’impedimento di accedere alla rete a Cuba, al controllo delle infrastrutture in Etiopia, agli attacchi informatici da parte delle autorità  cinesi, ai “crimini cibernetici” nella Tunisia di Ben Ali, al blocco di internet adottato in Egitto durante le rivolte contro il regime di Mubarak, all’imprigionamento dei blogger da parte della Siria fino alle violenze esplicite sui cyber-giornalisti in Russia.

Oggi la sezione italiana di Reporters sans Frontières presenterà  a Milano il nuovo rapporto “Predatori della libertà  di stampa 2011”. L’associazione segnala che nel 2010 sono stati 57 i giornalisti uccisi in connessione con il loro lavoro: erano stati 76 nel 2009. “Il numero di giornalisti uccisi in zone di guerra è diminuito negli ultimi anni mentre sta diventando sempre più difficile individuare i responsabili delle uccisioni di giornalisti perpetrate da bande criminali, gruppi armati, organizzazioni religiose o agenti statali” – afferma Jean-Franà§ois Julliard, segretario generale di Reporters sans Frontières. “Gli operatori dei media sono assassinati soprattutto da criminali e trafficanti di vario genere.

Un’altra caratteristica distintiva del 2010 è stata l’aumento dei rapimenti di giornalisti. Ci sono stati 29 casi nel 2008, 33 nel 2009 e 51 nel 2010. I giornalisti sono sempre meno percepiti come osservatori esterni e la loro neutralità  e la natura del loro lavoro sono sempre meno rispettate. “I rapimenti di giornalisti stanno diventando sempre più frequenti e si svolgono in un numero maggiore di paesi” – ha aggiunto il segretario generale di Reporters sans frontières. “Per la prima volta, nessun continente è sfuggito a questo male. I giornalisti si stanno trasformando in merce di scambio. I rapitori prendono ostaggi per finanziare le loro attività  criminali, per fare accettare le loro richieste ai governi e per inviare messaggi alla pubblica opinione: i rapimenti forniscono loro pubblicità ”.

Anche il Consiglio d’Europa ha manifestato per la giornata odierna “preoccupazione relativamente alle crescenti minacce che pesano sulla libertà  di espressione”. In una dichiarazione congiunta, il Segretario generale, Thorbjà¸rn Jagland, e il Presidente di PEN International, John Ralston Saul, sottolineano che “ogni anno, giornalisti e scrittori sono imprigionati e ridotti al silenzio in tutto il mondo a causa di parole o scritti che non hanno incontrato il consenso di coloro che si trovano al potere. Constatiamo oggi – aggiungono – che blogger, cittadini-reporter, attivisti sul web, e persino semplici utenti di Internet, sono imprigionati poiché esercitano, legittimamente, il loro diritto alla libertà  di espressione. Se oggi risulta estremamente facile esercitare i propri diritti all’espressione e all’informazione, è anche estremamente facile che questi vengano lesi”.

In Italia la giornata viene celebrata con numerose iniziative. Ieri l’associazione Articolo 21 ha dedicato a Vittorio Arrigoni la serata teatrale tenuta a Roma in memoria dei giornalisti uccisi per mafia e terrorismo. “Vittorio appartiene a pieno titolo alla lista d’onore delle vittime che vogliamo ricordare. Vittorio non aveva il tesserino di giornalista, non aveva una formazione giornalistica, ma faceva – anche – il giornalista, oltre all’attivista umanitario. Come altro qualificare la sua attività  che lo portava a scrivere articoli per il Manifesto in cui raccontava ciò che accadeva intorno a lui? E i suoi post sul blog?” – scrive Alberto Spampanato. “Vittorio stava a Gaza in mezzo ai fatti e ci prestava i suoi occhi, e raccontando ciò che vedeva permetteva a molti altri di partecipare a quegli avvenimenti, di farsene un’idea. Faceva informazione”.

Oggi e domani la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) terrà  a Roma due incontri sul ruolo del giornalismo nelle rivolte arabe con rappresentanti del giornalismo provenienti dall’Egitto e dalla Tunisia, dall’Algeria e dalla Libia.

Per la giornata di oggi, Unimondo evidenzia nel suo Almanacco, la figura del Premio Nobel per la pace 2010 Liu Xiaobo, scrittore e sostenitore dei diritti umani attualmente in carcere che è divenuto il simbolo della resistenza contro la repressione della libertà  di pensiero e di espressione. E rende omaggio alla giornalista Anna Politkoskaja divenuta l’emblema del diritto alla libertà  di stampa in tutto il mondo. Il suo assassinio, avvenuto il 7 ottobre 2006 ad opera quasi sicuramente dei servizi segreti russi operanti in Cecenia, ha scosso l’opinione pubblica globale, gettando una sinistra luce sul regime autoritario di Vladimir Putin. 


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