Giornata record, sei barconi più di 1200 arrivi

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Una nave militare della Nato ha accompagnato uno dei barconi fino all’arrivo della guardiacosta italiana, intervenendo in modo attivo, a differenza di quanto ha fatto alla fine del mese di marzo quando ha lasciato morire di fame e di sete 63 immigranti che viaggiavano a bordo di un gommone. 

Mentre si appresta l’accoglienza – con il trasferimento dei profughi verso varie altre località  italiane a bordo di navi fatte arrivare all’uopo a Lampedusa – il ministro dell’interno Roberto Maroni se la prende con l’Europa, che «non sta facendo abbastanza». E con la coalizione internazionale che sta bombardando la Libia. Non per un afflato pacifista, ma perché – ha sottolineato il titolare del Viminale – «mentre con la Tunisia funziona l’accordo di rimpatrio, in Libia c’è la guerra e finché dura la guerra arriveranno i profughi». Cioè, fra le righe, finché c’è la guerra in Libia non si possono realizzare quei respingimenti in mare che sono stati attuati dal maggio 2009 in poi e che hanno fatto crollare i numeri degli arrivi a Lampedusa – ogni natante intercettato è stato riconsegnato alle autorità  libiche, notoriamente poco rispettose dei diritti delle persone.
Oggi gli arrivi aumentano proprio per questo. O meglio, per una serie di fattori congiunturali. Il principale è sicuramente la sospensione di tutti gli accordi anti-immigrazione siglati tra Italia e Libia: non essendoci più i pattugliamenti e non potendo attuare i respingimenti, i barconi che prima erano rispediti indietro oggi arrivano (quando arrivano) a Lampedusa. Il secondo è un uso spregiudicato dell’arma migratoria da parte del regime libico. Secondo vari resoconti di migranti arrivati negli ultimi giorni, le autorità  libiche avrebbero un ruolo di primo piano nell’organizzazione dei viaggi. Sarebbero loro a facilitare la partenza dei barconi, riempiendoli all’inverosimile. Il crollo del costo del viaggio, confermato da diversi migranti, facilita poi una sorta di overbooking. Il prezzo del passaggio attraverso il Canale di Sicilia sarebbe sceso a 300-400 dinari libici (cioè 150-200 euro), a fronte del 1000 euro che si pagavano fino al 2009. Il terzo fattore è la guerra, che ha spinto vari migranti che vivevano in pace in Libia a prendere la via del mare. 
A sentire le parole di Maroni, si legge già  l’intenzione del governo italiano. Non appena la guerra libica sarà  finita, l’Italia si appresterà  a concludere – o a reiterare – gli accordi già  siglati con l’ex regime di Gheddafi. Come ha già  fatto in Tunisia, dove il nuovo governo rivoluzionario sembra tanto solerte quanto quello di Ben Ali a bloccare le partenze verso l’Italia. Ieri il vice-presidente del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), il governo ad interim dei ribelli di Bengasi, ha denunciato «l’uso spregiudicato dell’arma migratoria da parte del regime di Gheddafi, che costringe i rifugiati a salire su barche dirette in Europa per distogliere l’attenzione dalle atrocità  che commette». Lo stesso Ghoga, come altri membri del Cnt, ha detto a più riprese che onorerà  i Trattati firmati con l’Italia e farà  di tutto per bloccare le partenze via mare degli immigrati diretti in Europa.


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