Il Dragone e lo sceicco

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Quando la notizia dell’azione dei Navy Seals è giunta a Pechino, China Daily è uscito immediatamente con un editoriale in cui si ricordava che “molti Paesi” sono nel mirino del terrorismo e hanno dovuto subirne le azioni. Il riferimento è allo Xinjiang cinese e all’Movimento Islamico del Turkestan Orientale (DoÄŸu Tà¼rkistan Ä°slà¢m Hareketi), che fu iscritto su indicazione di Pechino, all’indomani dell’11 settembre, nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali stilata dall’Onu e riconosciuta, fra gli altri, dagli stessi Usa e dal Pakistan.
Tuttavia – riconosce China Daily – terrorismo ed estremismo “sono radicati nell’ingiustizia e nella diseguaglianza dell’ordine economico e politico mondiale. Non c’è bisogno di dire che gli sforzi per combattere il terrorismo devono prende di mira anche queste cause originarie“. Sono quindi necessari “un’impegno più forte, un consenso più ampio e più cooperazione internazionale“.
Dietro il commento c’è l’agenda politica di Pechino: Xinjiang (e quindi Tibet) sono cinesi, chi non li ritiene tali appoggia il terrorismo; la battaglia comune contro il terrore deve passare per una ridistribuzione delle risorse e una ridefinizione delle responsabilità  a livello internazionale; la Cina è un partner alla pari, non un parvenu da tenere costantemente sotto esame.

Il ministero degli Esteri ha atteso un giorno intero prima di rilasciare una nota in cui ha definito l’evento “sviluppo positivo nella lotta internazionale contro il terrorismo“, per poi prendere le difese del Pakistan, alleato sempre più strategico e nel mirino di Washington, che lo accusa di avere protetto e nascosto il leader di al Qaeda. Jiang Yu, portavoce del ministero, ha lodato i “vigorosi” sforzi di Islamabad e ha aggiunto che “la Cina sosterrà  continuamente e con fermezza il Pakistan nel definire e rendere effettive strategie antiterroristiche che si basino sulla sua [del Pakistan, ndr] situazione interna”. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Diverso anche il peso che i media hanno dato alla notizia. Se i giornali ufficiali l’hanno relegata in secondo piano, quasi a sminuirne l’importanza e a gettare qualche ombra sulla sua veridicità , quelli “commerciali” – spesso spin-off dei primi – vi hanno dato maggiore risalto, mettendo grandi immagini di bin Laden e ricostruzioni grafiche del blitz Usa in apertura.
Ragioni di mercato – uno stile meno paludato – e una linea editoriale più indipendente dagli interessi della nomenklatura sono all’origine di questo taglio differente.

Dunque, per la Cina cosa significa la fine di bin Laden, o del suo fantasma?
Per capirlo, scandagliamo i commenti dei netizen comparsi su vari servizi di microblogging, forum e community online.
Da un lato, c’è chi plaude all’uccisione e ringrazia gli Stati Uniti, anche perché l’eliminazione del leader di al Qaeda toglierebbe slancio ai movimenti musulmani separatisti dello Xinjiang. In questo caso, viene ripresa la tesi di Pechino, secondo cui bin Laden sarebbe stato uno degli ispiratori del secessionismo uiguro.
Ma molti rendono omaggio (almeno apparentemente) a bin Laden “l’anti-imperialista”. Un paio di esempi: “La memoria di bin Laden, risoluto e indefettibile guerriero contro l’imperialismo americano, vivrà  per sempre!”
“La vita del compagno bin Laden è stata gloriosa. Il compagno bin Laden ha dedicato la sua giovinezza e l’intera vita alla più grande impresa di questo mondo, la lotta contro l’imperialismo americano”.
Tributo sincero o caustica ironia che, riprendendo il linguaggio d’apparato, prende di mira proprio il potere cinese? Ognuno faccia le sue valutazioni.
C’è poi un diffuso scetticismo verso la veridicità  stessa della notizia: “Sigh! Bin Laden è morto un’altra volta!!”
“Con questa, quante volte è morto?”

Non solo nel mondo della rete, ma anche in quello accademico, non mancano gli attestati di rispetto verso il leader di al Qaeda.
Yan Feng, docente di letteratura all’università  Fudan di Shanghai, ha scritto un post su Sina Weibo che poi ha cancellato: “Non mi unirò alla schiera di chi piange per la morte di bin Laden e allo stesso tempo non ne esulterò. Tuttavia, da un punto di vista del tutto individuale, nel mondo d’oggi lui è stato un raro idealista e un soldato spirituale”.

Tornando ai commenti dei netizen qualunque, eccone uno che “cammina sul filo”: “Il governo cinese dovrebbe prendere in considerazione la possibilità  di spedire un telegramma di condoglianze e nel frattempo ordinare una bara di cristallo o altro…”
Bara di cristallo, cadavere in esposizione, mausoleo: il corpo di bin Laden come simbolo funzionale alla stabilità  interna? Forse, il suo fantasma era utile anche alla Cina.


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