Il ministero degli Esteri italiano non finanzierà  la diga Gibe III in Etiopia

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Il Governo etiope ha infatti rinunciato a dare ulteriore seguito alla richiesta di finanziamento a credito d’aiuto del progetto idroelettrico in esame”. “Il Ministero degli Esteri – commenta una nota della CRBM – non staccherà  quindi il previsto assegno di 250 milioni di euro, a copertura parziale del miliardo e mezzo necessario per far sorgere lo sbarramento.

La Farnesina è solo l’ultima delle entità  che rinunciano a partecipare al progetto, attualmente in fase di realizzazione e che vede il coinvolgimento dell’impresa italiana Salini Costruttori. Nei mesi scorsi già  la Banca Mondiale, la Banca Europea per gli Investimenti e la Banca Africana di Sviluppo avevano deciso di non finanziare il mega impianto idroelettrico. “Sebbene queste istituzioni non abbiano espressamente indicato le nefaste conseguenze del progetto come motivazioni del loro mancato aiuto, è più che probabile che proprio gli impatti socio-ambientali siano alla base della loro decisione” –sottolinea Caterina Amicucci della CRBM che da tempo segue gli sviluppi dei finanziamenti al progetto. Lo scorso marzo l’on. Mogherini Rebesani (PD) ha presentato un’interrogazione parlamentare al Ministero degli Esteri per conoscere l’orientamento del Governo italiano in merito alla richiesta di un credito d’aiuto di 250 milioni di euro avanzata dalle autorità  etiopi per il cofinanziamento del progetto di costruzione della diga Gibe III.

La coalizione internazionale che ha promosso la campagna “Stop a GIBE III” sostiene che “qualora completata, la diga di Gibe III devasterebbe l’ecosistema della valle dell’Omo e del lago Turkana, in Kenya, mettendo a rischio la sicurezza alimentare di non meno di 500mila persone”: la valle dell’Omo e i parchi naturali del lago Turkana sonoriconosciuti dall’Unesco come “Patrimonio dell’Umanità ”. “Crediamo che questo sia un importante risultato della campagna internazionale che abbiamo condotto insieme a International Rivers e Survival International e che ha visto l’adesione e il sostegno di centinaia di ONG e associazioni in tutto il mondo” – ha commentato Caterina Amicucci. “Non è possibile consentire che i soldi dell’aiuto pubblico allo sviluppo vengano utilizzati per sostenere progetti che affamano e minacciano di cancellare l’esistenza di comunità  locali che non si uniformano al modello di sviluppo dominante. La cooperazione deve essere un’altra cosa: ci auguriamo che questa vicenda serva a ricordarlo anche in futuro” – ha concluso la Amicucci.

I lavori, in carico all’impresa di costruzione italiana Salini, sono iniziati nel 2006, ma il governo di Addis Abeba ha bisogno di circa un miliardo e mezzo di euro per il completamento dell’opera. Il ministro Frattini, in occasione dell’inaugurazione dell’altrettanto controversa centrale Gibe II per la cui realizzazione il ministero aveva negli anni scorsi concesso un finanziamento di 220 miliorni di euro, aveva lasciato trasparire la possibilità  di un finanziamento della cooperazione italiana anche al progetto Gibe III. Come si può leggere nello stesso Rapporto Sostenibilità  2009 della ditta Salini, il progetto di Gilgel Gibe III, “sarà  composto da una diga alta 240 metri, situata in cascata agli impianti di Gilgel Gibe I e II, generando un bacino di circa 150 km di lunghezza e con un volume di circa 14 miliardi di metri cubi d’acqua. L’opera è stata finanziata dall’EEPCo (Ethiopia Electric Power Corporation) – d’accordo con il Governo etiope – e da altri enti finanziatori, tra i quali la Cooperazione Italiana e la Banca Africana di Sviluppo” (p. 66). Come detto, questi ultimi due finanziatori si sono di fatto ritirati dal progetto.

Lo scorso febbraio, gruppi della società  civile del Kenya hanno chiesto al governo cinese di evitare qualsiasi coinvolgimento nel progetto della diga di Gilgel Gibe 3. Una delegazione, guidata dagli esponenti dell’organizzazione Friends of Lake Turkana, si è recata al consolato cinese di Nairobi per consegnare la petizione firmata da oltre 2mila associazioni e soggetti singoli in cui si fanno presenti le numerose istanze legate al progetto. Dopo il ritiro della Banca Mondiale e della Banca Europea per gli Investimenti, un gruppo di imprese e banche cinesi, tra cui l’Industrial and Commercial Bank of China e la Exim Bank, hanno deciso di sostenere la costruzione dell’opera. “Il governo etiope, facendo lo sgambetto all’Italia, all’Ue e all’Unione Africana – riportava una nota della CRBM – ha concluso un accordo di 459 milioni di dollari per la componente idromeccanica dell’opera, che verrà  realizzata dall’industria manifatturiera statale cinese Dongfang. L’intesa è stata siglata a porte chiuse senza alcuna consultazione con gli altri potenziali finanziatori del progetto”.

La campagna ‘Stop a GIBE 3‘ è stata lanciata nel marzo 2010 dalla rete di ong europeeCounter BalanceFriends of Lake TurkanaSurvival InternationalInternational Rivers e la dall’italiana CRBM con una campagna internazionale e una petizione online per chiedere lo stop ai finanziamenti per la costruzione della diga di Gibe III. “La diga – sostengono le Ong – metterebbe in pericolo i terreni abitati da 500mila indigeni tribali dell’Etiopia del Sud e della parte settentrionale del Kenya, la cui sicurezza alimentare dipende strettamente dalle risorse naturali e dal delicato equilibrio dell’ecosistema locale. L’ecosistema e le tradizioni culturali della Bassa Valle dell’Omo e dello stesso lago Turkana sono entrambi riconosciuti come Patrimonio dell’Umanità  dall’Unesco, e andrebbero così persi per sempre”. 


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