Istruzioni per fondare una religione civile

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Anticipiamo parte del saggio di Barber pubblicato sul nuovo numero di Reset.

I diritti universali e l’individuo in quanto cittadino portatore di diritti sono delle astrazioni, dei grandiosi ideali giuridici ma sono privi di qualsivoglia peso sociologico, non contribuiscono a farci sentire una comune identità  con gli altri. (…) Gli Stati Uniti (…) possono vantarsi di aver creato una nuova identità  attorno alla cittadinanza, attorno alla comune adesione a ideali comuni, un procedimento che talvolta è stato chiamato «religione civile». Ciò, ovviamente, include alcuni principi, ad esempio una liturgia comune, altrimenti detta «liturgia civile»: la Dichiarazione d’Indipendenza, la Costituzione, la Carta dei Diritti, il Proclama di Emancipazione di Lincoln, il Secondo discorso inaugurale di Lincoln, il Discorso di Gettysburgh, la dottrina delle Quattro libertà  di Franklin Delano Roosevelt, il «sogno» di Martin Luther King. Tutti questi discorsi sono diventati una «liturgia civile» attorno alla quale americani di razza, origine, etnia diverse si sono uniti in un legame più «solido». La Carta dei Diritti ci tiene uniti, il discorso di Martin Luther King ci tiene uniti: fanno sì che ci consideriamo parte di un comune destino civico. In Germania Jà¼rgen Habermas parlava di Verfassungspatriotismus, un «patriottismo costituzionale» fondato non già  sulla nazionalità , su una religione comuni, bensì sull’adesione a comuni principi costituzionali, tra cui l’ideale dei diritti umani, l’ideale della libertà  civile per tutti: questo patriottismo, questo legame può diventare più «solido» e potente. Non si tratta solo di ciò in cui crediamo, ma di ciò che facciamo. L’altro aspetto della «religione civile» è identico alla religione vera, che ha pratiche e una liturgia proprie, comportamenti e ideali. Anche la religione civile dunque ha pratiche sue. Uno dei principali metodi per far sì che persone diverse si uniscano attorno a un terreno comune è fare delle cose insieme, costruire insieme qualcosa, fare qualcosa di utile insieme. (…)
Dunque, per dare sostanza alla «religione civile» occorre non solo che gli individui aderiscano a un comune destino civico, ma altresì che si impegnino in una comune attività  civica, sia essa militare, civile, internazionale, che si tratti dei Corpi di Pace negli Usa o del servizio internazionale per gli altri: tutti questi sono modi per riunire le persone. Per concludere, la risposta al problema fondamentale di come far sì che la democrazia, concepita in origine per piccole società  monoculturali, possa sopravvivere in un mondo interdipendente e multiculturale, è che dobbiamo sviluppare forme di cittadinanza radicate in un agire comune, in ideali civici comuni, in una comune «religione civile». La soluzione varierà , sarà  diversa da paese a paese: l’India troverà  una propria forma di religione civile, che forse si baserà  sull’esperienza anticoloniale, che ha cacciato i colonialisti dal paese, o sul contributo unico che Gandhi ha dato all’umanità  con la resistenza non violenta, o magari sulla geografia. Gli svizzeri, ad esempio, che hanno tre o quattro nazionalità  differenti, si sono uniti attorno alle loro montagne e alla topografia delle loro montagne. Le persone che vivono nei porti di mare o fluviali si uniscono intorno alle attività  del commercio e del trasporto; i modi per farlo sono svariati, ma l’importante è capire che se vogliamo unirci attorno a degli ideali democratici dobbiamo farlo in termini di liturgia, di comportamenti e di azioni. Non si può solo dire «siamo tutti esseri umani, abbiamo tutti diritti umani, rispettiamoci a vicenda». Per sconfiggere la politica della paura abbiamo bisogno della politica della speranza e la politica della speranza sarà  la politica dell’agire, la politica dell’impegno su un terreno comune, attorno a beni comuni; la battaglia per un mondo pulito ed ecologicamente sostenibile; la battaglia per un mondo di pace, un mondo senza armi nucleari (…). Queste sono forme di un agire comune attorno al quale non solo possiamo costruire un mondo migliore, ma anche un mondo democratico in grado di sopravvivere e persino prosperare nell’ineludibile contesto del multiculturalismo che è il nostro destino. (…) La via democratica è quella che ci immette sul cammino della religione civile, del reciproco rispetto e dei diritti umani i quali affondano le loro radici in ideali concreti, in concreti principi civici, in una cittadinanza e un agire comuni. Questo è, a mio avviso, almeno un raggio di speranza in un mondo altrimenti tetro.
(Traduzione di Marianna Matullo)

 


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