La carica delle meduse conquista il Mediterraneo

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Niente pesce nel menù del futuro, solo zuppa di meduse. Quando gli ingredienti del mare diventano poveri, ad approfittarne sono gli invertebrati urticanti, a loro agio tra l’altro negli oceani riscaldati dal mutamento climatico. Il risultato è un Mediterraneo sempre più agitato dai cappelli pulsanti di queste creature per il 95% fatte di acqua. E quindi poco sensibili anche a condizioni ambientali degradate. 

Se quest’anno le meduse non sono comparse in anticipo sull’estate è solo perché non se ne sono andate neanche d’inverno. Le osservazioni sono state continue nell’Adriatico come nel Tirreno, a Malta e in Tunisia. L’effetto urticante che si farà  sentire sui bagnanti non è l’unico problema. L’esplosione dei banchi di meduse danneggia anche i pescatori, perché gli invertebrati e i giovani pesci competono per lo stesso cibo, le meduse vengono prese nelle reti appesantendole e per il motivo infine che gli allevamenti ittici sono soggetti agli sconfinamenti di questi animali, che da 500 milioni di anni non fanno altro che adagiarsi sulle correnti marine. In altri paesi è capitato che enormi masse di meduse siano finite nelle condotte per il raffreddamento degli impianti industriali. Nel 2006 una centrale nucleare giapponese, ad Hamaoka, è stata fermata per pulire urgentemente i filtri. 
Se le punture urticanti non mancano, i dati ufficiali sulle popolazioni di meduse sono scarni. «Le campagne di monitoraggio scientifico scarseggiano – spiega Ferdinando Boero, professore all’università  del Salento e ricercatore del Cnr – per questo abbiamo deciso di chiedere aiuto ai cittadini. Dal 2009 abbiamo avviato la campagna “Occhio alla medusa” promossa dalla Commissione del Mediterraneo e dalla rivista Focus, chiedendo a chi frequenta i mari italiani di inviarci un messaggio e una foto in caso di avvistamento. Quest’anno, grazie alla collaborazione con la Lega Navale, contiamo di ricevere dati anche dalle barche che navigano al largo». 
L’Istituto di scienze marine del Cnr organizza delle campagne di monitoraggio lungo le coste italiane: «È vero, ormai osserviamo le meduse durante tutto il corso dell’anno. D’estate vengono notate di più per via del turismo, ma sono presenti nei nostri mari anche nella stagione fredda» spiega il ricercatore Mauro Bastianini. «Le difficoltà  nella stima precisa del loro numero sono molte. Mentre i pesci sono “osservabili” tramite speciali sonar, le meduse hanno praticamente la stessa consistenza dell’acqua e sfuggono alla maggior parte degli strumenti. Affidarsi agli avvistamenti diretti resta spesso l’unica possibilità ». 
Sui motivi dell’esplosione di meduse ormai ci sono pochi dubbi residui. «In un ecosistema sempre più povero di pesci, il posto vuoto viene riempito dalle meduse» spiega Boero. In un habitat equilibrato i pesci si nutrono dei piccoli invertebrati. Ma con i piatti della bilancia così fuori asse sono piuttosto le meduse a nutrirsi delle uova e dei piccoli dei pesci, alimentando il circolo vizioso. “Il passaggio da un ecosistema ricco di pesci a uno ricco di meduse rischia di essere irreversibile, poiché le prime si nutrono delle larve dei secondi” spiega uno studio dell’università  scozzese di Saint Andrews pubblicato su Current Biology. «E il riscaldamento globale – prosegue Boero – favorisce questi animali gelatinosi. La loro stagione riproduttiva si allunga fino a creare popolazioni di grandi dimensioni». 
“In passato – spiega una ricerca della Foundation for Ocean Science apparsa l’anno scorso su Current Biology – le esplosioni di meduse avvenivano ogni 12 anni e duravano circa 4 anni. Con un riscaldamento del Mediterraneo occidentale di mezzo grado dal 2002 a oggi e di un grado nell’Atlantico nord-orientale, il boom è diventato continuo». Il risultato: centinaia di bagnanti urticati in una sola giornata in Spagna la scorsa estate, banchi lunghi 100 chilometri e larghi due di fronte alle coste israeliane, un impianto di desalinizzazione bloccato sempre in Israele l’inverno passato, una “cucciolata monstre” di 12 milioni di tonnellate di meduse nel 2006 al largo della Namibia. E quest’anno una prima invasione della Pelagia, una delle specie più urticanti, è stata notata già  a gennaio nelle acque di Malta e si prepara a raggiungere anche l’Italia.


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