Otto mesi sulle tracce di un corriere e la Cia scoprì il covo di Osama

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WASHINGTON – Dopo anni di piste morte e indizi promettenti poi sfociati nel nulla, la svolta decisiva è arrivata lo scorso agosto, quando gli uomini dell’intelligence Usa sono finalmente riusciti a localizzare un fidato corriere di Osama Bin Laden all’interno di un complesso situato trentacinque miglia a nord dalla capitale pachistana, non lontano da uno dei centri nevralgici del controterrorismo Usa. Viste le dimensioni e il livello di sicurezza dell’edificio, gli americani hanno immaginato che questo fosse stato costruito per ospitare un personaggio ben più in vista del semplice corriere. Alla scoperta hanno fatto seguito otto mesi di minuziose indagini, culminate con l’assalto di domenica e conclusosi con la morte del capo di Al Qaeda. Erano quasi dieci anni che esercito e intelligence americani inseguivano lo spettro di Bin Laden a cavallo tra Pakistan e Afghanistan, sfiorando la cattura in un’occasione, durante la campale battaglia di Tora Bora, nei monti dell’Afghanistan orientale. Stando ai funzionari dell’amministrazione Obama, la vera svolta è giunta con la scoperta del nome e dell’ubicazione del più fidato corriere di Bin Laden: un uomo a cui il leader di Al Qaeda si affidava per mantenere i contatti con il mondo esterno. Lo pseudonimo del corriere era stato fornito durante gli interrogatori da alcuni detenuti della prigione di Guantà¡namo Bay, a Cuba, i quali avevano inoltre aggiunto che l’uomo era un protetto di Khalid Shaikh Mohammed, l’ideatore confesso degli attacchi dell’11 settembre. Domenica gli agenti dell’intelligence americana hanno affermato di essere risaliti al vero nome del corriere già  quattro anni fa, aggiungendo però che altri due anni sono stati necessari per scoprire in quale regione l’uomo si trovasse. Solo lo scorso agosto la sua presenza è stata individuata all’interno del covo di Abbottabad: una cittadina a circa un’ora di auto a nord di Islamabad, la capitale del Paese. Gli agenti Usa hanno immaginato che il complesso, costruito nel 2005, fosse stato progettato allo scopo specifico di nascondere Bin Laden. Sarebbero però trascorsi altri mesi prima che le spie americane potessero essere quasi certe che a nascondersi nell’edificio fosse proprio lui con la sua famiglia, e che il presidente Obama giudicasse le prove a disposizione sufficientemente convincenti da pianificare una missione per stanare il leader di Al Qaeda. Il 14 marzo scorso Obama ha convocato il primo di cinque incontri in sei settimane per mettere a punto i dettagli dell’operazione. Venerdì scorso, alle 8,20 del mattino, il presidente ha convocato per l’ultima volta nella “Sala diplomatica” della Casa Bianca Thomas Donilon, consigliere della Sicurezza nazionale, John O. Brennan, consigliere dell’antiterrorismo e altri collaboratori. Poche ore più tardi Obama sarebbe partito alla volta dell’Alabama, per verificare di persona i danni causati dai tornado della scorsa settimana. Prima, però, avrebbe autorizzato il piano definitivo per inviare i propri uomini all’interno del complesso dove l’amministrazione riteneva che Bin Laden si stesse nascondendo. Anche dopo aver sottoscritto l’ordine formale con cui autorizzava il raid, Obama ha deciso di lasciare il governo pachistano all’oscuro della decisione. Negli ultimi mesi, infatti, l’atmosfera di reciproco sospetto tra i due Paesi si è intensificata, soprattutto dopo che lo scorso gennaio Raymond Davis, un agente della Cia, ha ucciso due uomini in una strada affollata di Lahore. Domenica, la piccola squadra di militari e spie americane è sbarcata dagli elicotteri per sferrare l’attacco all’edificio blindato. Alle 3,50 del pomeriggio di domenica, il presidente Obama ha ricevuto la notizia che Bin Laden era stato provvisoriamente identificato, presumibilmente tramite una serie di test del Dna. Il cadavere del leader di al Qaeda è stato portato in Afghanistan, il Paese dove negli anni Ottanta Bin Laden aveva raggiunto la fama combattendo contro i militari sovietici. Poi, secondo fonti americane, è stato sepolto in mare.


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