Palermo: Informare per Resistere

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Innanzitutto nella strada che porta dall’aeroporto Falcone Borsellino (che in molti insistono nel chiamarlo Punta Raisi) e che svincola all’altezza di Capaci. Si. Il punto ove sono saltati in aria Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Di Pillo, Antonio Montinaro 19 anni fa. A quell’altezza v’è un monumento ai caduti che riporta in alto il simbolo della Repubblica italiana; un simbolo che stride con la storia di Giovanni e che, per dirla con il fratello di Paolo, Salvatore Borsellino, ci ricorda assai bene chi è Stato.

Alla commemorazione per la strage di Capaci è andata in onda proprio ieri (23 maggio) la “saga delle frasi di circostanza” come commenta Giuseppe Pipitone. “Questo governo ha fatto le leggi contro la mafia senza che il giorno prima ci fossero state le stragi” – ha sentenziato il guardasigilli Alfano, dimenticando di citare che egli stesso è l’autore di una proposta di riforma della magistratura che pone di fatto i pm sotto il controllo politico dell’esecutivo. Presente tra gli altri anche il presidente del Senato Schifani, ex socio di Nino Mandalà  e Benny D’Agostino, che nel 2003 attaccava Maria Falcone e Rita Borsellino.

Gli amici di IxR ci hanno accompagnato in seguito in via d’Amelio ove morì Paolo Borsellino. Si. Come a Milano i partner di Unimondo ti accompagnano in Piazza Duomo o a Napoli in Piazza del Plebiscito. L’ulivo piantato a memoria di Paolo è pieno di disegni di bambini, capellini, dediche, scritte.

Alcune curiosità . Il condominio ove abita ancora qualcuno della famiglia Borsellino è in ristrutturazione. Un po’ strano. La facciata era stata completamente rifatta 18 anni fa e mettervi mano ancora sembra ai più prematuro a meno che i materiali utilizzati allora non fossero scadenti come quelli utilizzati dalla mafia nei lavori pubblici. Sarebbe il colmo scoprire che toccò proprio ad un’impresa legata alla criminalità  organizzata il rifacimento di quel condominio. La seconda cosa strana riguarda il palazzo antistante. E’ rovinato in diversi punti ed anche i pilastri sono offesi ma, guarda caso, v’è il permesso d’abitabilità . Trattasi di un condominio d’edilizia pubblica e non vi sono denari per il restauro. Dà  però l’impressione di cos’è stato quel 19 luglio 1992 quando una Fiat 126 con cento Kg. di tritolo fu fatta brillare in modo che perdessero la vita Paolo e la scorta: Emanuela Loi (prima donna della polizia di Stato caduta in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Alcun altro. Come a Capaci qualche mese prima. Nessun altro perì nei due attentati. Il Giudice Antonino Caponnetto, anni dopo, in un’intervista all’amico Gianni Minà  disse: “Paolo aveva chiesto alla questura – già  venti giorni prima dell’attentato – di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l’abitazione della madre. Ma la domanda era rimasta inevasa. Ancora oggi aspetto di sapere chi fosse il funzionario responsabile della sicurezza di Paolo, se si sia proceduto disciplinarmente nei suoi confronti e con quali conseguenze.”

Terza ed ultima tappa. Il Palazzo di giustizia di Palermo circondato da forze di polizia. Sul retro v’è la Piazza della memoria. Lì ci si rende conto che tra le 400 vittime di mafia, poliziotti, carabinieri, agenti di custodia, pubblici funzionari, amministratori, imprenditori, comuni cittadini morti ammazzati per aver contrastato i poteri criminali sono ben 24 i magistrati uccisi dalla mafia e ci si rende conto che non v’è nulla di più irresponsabile degli attacchi ripetuti alla magistratura da parte dei potenti o, meglio, del potente.

A questi attacchi Palermo ieri ha risposto con due cortei. Il primo è partito dall’Aula Bunker dove fu celebrato il maxiprocesso contro Cosa nostra (1986-87) e l’altro da Via d’Amelio. Il punto d’incontro è stato in un altro dei luoghi-simbolo dell’antimafia palermitana: l’Albero Falcone in via Notarbartolo, situato di fronte l’ingresso dell’appartamento in cui abitava il magistrato.

Vorrei terminare contraddicendo Giovanni Falcone. Egli disse: « La mafia non è affatto invincibile. È un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio, una sua evoluzione e avrà  quindi anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.» Non sono d’accordo. La redazione di Informare per Resistere ed i giovani che hanno abitato ieri le piazze di Palermo ci ricordano che la svolta viene soprattutto da comuni ed inermi cittadini. Dentro e fuori le urne. Milano docet.



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