Più aiuti, altri salassi
La missione congiunta in Grecia di Banca centrale europea, Commissione Ue e Fondo monetario internazionale è entrata nel vivo. A distanza di un anno dal varo del pacchetto di salvataggio di 110 miliardi concesso dall’Ue e dal Fmi ad Atene sull’orlo di una crisi sovrana del debito senza precedenti, le istituzioni internazionali sono tornate a verificare l’attuazione da parte del governo ellenico delle misure di austerità imposte in cambio dei prestiti per non andare in bancarotta.
Mentre emerge che le banche private europee diminuiscono progressivamente le loro esposizioni nei paesi della periferia – Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna – dando un segnale ai mercati che ormai vedono sempre più dietro l’angolo una ristrutturazione del debito greco come prima ammissione di fallimento, il Fmi esorta la Bce e i paesi europei a non mollare. In occasione della presentazione dell’economic outlook per l’Europa, il Fmi esclude categoricamente che la Grecia sarà costretta a rinegoziare il suo debito, in gran parte privato. Il Fmi si dice disponibile a prestare ulteriormente, fino a 60 miliardi di dollari se necessario, purché la Grecia, e anche gli altri paesi periferici europei in difficoltà , continuino ad attuare politiche di austerità . In Grecia la missione sembra che abbia riscontrato ritardi nel piano di privatizzazione per raggranellare 50 miliardi di Euro. E già a maggio ci sarebbe un deficit di 1.6 miliardi nel bilancio. Così gli esaminatori chiedono ancora più rigore, mentre la piazza sempre più rischia di trasformarsi in rivolta sociale.
Allo stesso tempo non mancano i conflitti tra il Fmi e la Bce. L’inflazione incalza in Europa, e si viaggia ormai oltre la soglia del 2%, così Francoforte vuole intervenire e rialzare di nuovo il tasso di sconto del denaro fermo ad 1,25 oggi. Ma questo vorrebbe dire più interessi sul debito pubblico da ripagare per i paesi europei, Grecia in primis. Così il Fmi chiede alla Bce di temporeggiare, in un dilemma di politica monetaria ben difficile da risolvere. Ma un tasso del denaro basso sta ridando linfa anche alla speculazione senza quartiere dei mercati finanziari. Come ammesso dai principali giornali economici del pianeta, ormai l’esoterismo finanziario con rischi connessi è tornato ai livelli pre-crisi come se nulla fosse, mentre i governi del G20 ancora discutono e si dividono su quale regolamentazione dei mercati serva.
Il Fmi di Washington crede che la dottrina della Banca centrale americana, di emissioni di denaro sui generis per sostenere prestiti al sistema bancario, sia la strada da perseguire ancora anche in Europa. Ma in tanti ormai affermano che il re è nudo. La Grecia non può evitare un default, un fallimento, ed una ristrutturazione del debito. Per altro non va neanche esclusa la sua uscita, magari temporanea e protetta, dall’area Euro per evitare il contagio agli altri paesi. A ben poco serviranno le politiche di austerità e i nuovi prestiti che poi non saranno ripagati. Una vecchia storia che il Fmi conosce bene, con l’indebitamento dei paesi più poveri negli ultimi trent’anni.
Ma oggi la colpa non la si può dare solo a Washington. Il Fmi è a guida europea, e per altro il suo direttore generale Strauss Khan a breve lascerà per tornare a Parigi e sfidare Sarkozy nelle presidenziali 2012. Gli europei sono quelli che si ostinano a difendere l’ortodossia liberista, così come ad imporre alla Grecia un aggiustamento strutturale «latino americano». L’unica via di uscita da questa shock economy fallimentare sarebbe istituire in Europa, così come globalmente, un meccanismo equo e trasparente di arbitrato per la ristrutturazione del debito, con cui un paese in crisi possa negoziare alla pari con i creditori. Ma questo dopo che un audit pubblico sulla composizione e generazione del debito sia effettuato per stabilire la legittimità di questo a essere ripagato. Si pensi al caso del debito dei paesi del Nord Africa generato dai dittatori che ora lasciano con i soldi al sicuro in Svizzera. Un’analisi del debito ed un negoziato alla pari che i mercati finanziari hanno sempre osteggiato perché potrebbero diventare da accusatori gli accusati.
IL GOVERNO ITALIANO Il ministro del lavoro Maurizio Sacconi è «certo» che l’Italia «è al riparo dal contagio» della crisi del debito sovrano, «perchè abbiamo una robusta disciplina di bilancio insieme con una grande ricchezza nazionale». «Il Fondo monetario – dice Sacconi – ha apprezzato la stabilità italiana. In un tempo nel quale l’Europa si interroga sull’instabilità e sui pericoli di contagio da parte della Grecia come non vedere la stabilità in Italia?». Secondo Sacconi è dunque necessario tenere ferma la barra sulla disciplina nella finanza pubblica e sul debito. La crisi dell’Irlanda ha generato una nuova ondata di turbolenze sul mercato a novembre 2010 intensificando «il rischio sovrano per i paesi periferici dell’eurozona, come Italia e Belgio». Lo afferma il Fondo monetario internazionale nel rapporto sull’Europa, evidenziando come gli spread dei titoli governativi si siano ampliati in concomitanza con l’evento in modo più consistente di quanto accaduto nella fase di turbolenza del maggio 2010. Tuttavia, rileva il Fondo, «il contagio all’economia reale è rimasto confinato ai paesi colpiti» dalla crisi del debito.
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