Ponzellini: “Bpm mai condizionata dalla Lega che mazzata gli aumenti chiesti da Bankitalia”

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MILANO – La miglior difesa è l’attacco e lo sa bene Massimo Ponzellini, che all’assemblea di approvazione di bilancio della Bpm cerca di resistere alle molte critiche dei circa mille soci, che hanno chiamato in causa a più riprese gli appetiti dei politici sulla banca; interventi che riguardano soprattutto la Lega (che rivendica una primogenitura sul presidente) mentre il titolo in Borsa si dimezzava. La Lega? «Amicizie personali di vecchia data, i miei genitori erano di qui ma non li ho mai votati e non credo che lo farò». Le cene con i ministri? «Non sarà  mica un delitto andare a cena con Tremonti», ma la Bpm «ha sempre resistito alla politica», precisa Ponzellini, e in banca non sono mai state fatte operazioni di carattere politico» né con la Lega né con altri, nonostante la tentazione di rivolgersi ai poteri forti o alla politica; una tentazione fortissima soprattutto per una banca che non può rivolgersi «ai libici o mungere le Fondazioni» le quali, loro sì, sono espressione diretta dei poteri locali. Poi spiega: le altre banche non sono schiave della politica ma «sono obbligate a fare accordi con i poteri dello Stato» mentre la Bpm finora ha resisto a questo tipo di sirene, nonostante sia – come altre banche sane – soggetta alle «mazzate degli aumenti di capitale» chiesti da Bankitalia al sistema, con «l’obbligo di avere coefficienti che non si sono mai avuti nemmeno negli anni migliori»; poi aggiunge: «le mazzate che ci ha dato Bankitalia sono molto dure ma non infondate». Ponzellini continua: non sono mai state fatte operazioni con Zaleski o Zunino»; piuttosto, l’alternativa qual è? Forse «dare questa banca a un’altra delle tante che ce la chiedono»? si domanda retoricamente: tra un anno scade il cda: «mandateci pure tutti a casa, ma non toccate il modello», chiede. In apertura di assemblea il presidente della banca aveva salutato con calore il direttore generale Fiorenzo Dalu (dimissionario, come da copione, dopo le aspre critiche di una parte dei sindacati che di fatto guidano la banca, attraverso la scelta dei consiglieri di maggioranza nel cda). Lo stesso Dalu ha ringraziato tutti, scegliendo la linea della mediazione piuttosto che quella della polemica. Non tutti gli interventi successivi sono stati nello stesso solco: molti soci hanno parlato apertamente di «troppi, rapaci e oscuri interessi» che si muovono sullo sfondo, mentre sarebbe opportuna la «riscoperta di certe virtù, almeno in modica quantità ». Più volte vengono ricordati aumenti gli troppo generosi e le promozioni «illogiche» ad alcuni dipendenti-sindacalisti, le macchine di lusso come benefit, e il «cda pletorico». Persino per la Bpm, abituata alla forte conflittualità , è stata un’assemblea difficile, con un migliaio di dipendenti-soci spesso furiosi nei confronti di vertici che hanno elargito prebende e vantaggi al sistema e ora sono costretti a batter cassa, chiedendo mezzi freschi fino a 1,2 miliardi; vertici messi in mora da Bankitalia sulla governance, al punto che il numero delle deleghe (da due a tre, quello approvato ieri) dovrà  essere portato a cinque per ogni socio non dipendente. Ponzellini ha ostentato fiducia, dicendo di non aspettarsi inoptato all’aumento (l’assemblea straordinaria è fissata per il 25 giugno), punta sul prossimo piano industriale (cui sta già  lavorando il prossimo direttore generale in pectore, Enzo Chiesa, che sarà  probabilmente nominato il 12 maggio) e tenta la carta della normalità . Ma ieri in molti, parlando di capro espiatorio a proposito di Dalu, hanno pensato che anche la sua posizione sia più fragile, se non pericolante.


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