Profughi in fuga da Tripoli, da giorni brucia il campo di Choucha

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Da giorni brucia il campo profughi di Choucha (località  tunisina a 25 chilometri dal confine con la Libia) dove da circa tre mesi hanno trovato rifugio migliaia di profughi africani in fuga da Tripoli. I primi disordini sono scoppiati domenica 22 maggio, a seguito di un tentativo di stupro da parte di alcuni sudanesi ai danni di una donna eritrea.  Quattro rifugiati eritrei sono morti in un incendio che ha distrutto una ventina di tende. Con l’aumento della tensione, ci sono stati ulteriori incidenti. “Nei giorni scorsi, abbiamo visto un progressivo aumento della violenza, con continui incidenti tra gruppi di rifugiati di differente nazionalità  – racconta Mike Bates, capomissione di Medici senza frontiere -. Queste persone sono bloccate nel campo, pensato come un’area provvisoria e temporanea, per un periodo indefinito. Molte di loro sentono di essere ad un punto morto, senza futuro”.
Attualmente nel campo ci sono poco meno di 4 mila persone, originarie principalmente dell’Africa sub-sahariana e che non possono essere rimpatriate. Esasperati, molti richiedenti asilo avrebbero già  lasciato il campo per ritornare in Libia e da lì imbarcarsi per l’Europa.

Per denunciare le drammatiche condizioni di vita nel campo e l’incertezza che pesa sul loro futuro, il 24 maggio alcuni gruppi di profughi, provenienti soprattutto dall’Africa occidentale, hanno organizzato una manifestazione. I dimostranti hanno occupato la strada che collega la Tunisia alla Libia, provocando la reazione della popolazione tunisina: gli abitanti della zona, hanno messo a ferro e fuoco il campo. Secondo quanto riferito da Medici senza frontiere, sono state distrutte dalle 300 alle 400 tende. “L’esercito era presente, ma invece di difendere i profughi ha aperto il fuoco contro di loro”, aggiunge don Mosé Zerai, direttore dell’agenzia Habeshia.
Nel campo era presente anche Sandro De Pretis, sacerdote trentino che, lasciata Tripoli, ha seguito i profughi eritrei nell’inferno di Choucha. Secondo quanto riferito da don Sandro alla radio diocesana “Trentino inBlu” i migranti sono osteggiati dalla popolazione locale e sono stati aggrediti sotto gli occhi dei rappresentanti dell’Unhcr e dell’esercito tunisino.
“Mi hanno risparmiato perché sono bianco, ma la dottoressa eritrea che era con me è stata aggredita con cattiveria – dice il sacerdote ai microfoni di Trentino inBlu -. Il campo è stato distrutti dalla popolazione locale, ora i profughi sono lì abbandonati. Non hanno acqua né cibo”. (is)

 

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