“Attaccheremo l’America finché difenderà  Israele” l’ultimo messaggio di Bin Laden

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NEW YORK – «I nostri attacchi all’America continueranno finché voi sosterrete Israele». È l’ultima minaccia di Osama Bin Laden, il messaggio postumo che affiora a una settimana dalla morte del leader storico di Al Qaeda. E mentre gli Stati Uniti avvertono che l’organizzazione terroristica «non è strategicamente sconfitta», il presidente Barack Obama lancia un duro avvertimento al Pakistan: «Deve indagare sui sostegni di cui Bin Laden godeva, c’era una rete di appoggi in quel paese, su questo attendo risposte».A una settimana esatta dal blitz dei Seals nel palazzo-rifugio di Abbottabad, un sito islamico ha diffuso quello che può essere un frammento del di “testamento” di Bin Laden. È un messaggio breve ma allarmante: «Non ci sarà  sicurezza in America senza la sicurezza in Palestina, è ingiusto che voi americani siate in pace mentre i nostri fratelli di Gaza vivono nella disperazione. Per volontà  di Dio vi attaccheremo ancora». È un messaggio audio, senza immagini, mandato in onda con un riferimento preciso a quella che sembra essere l’ultima constituency di Al Qaeda fuori dalla schiera dei suoi militanti e dei Taliban: è tra i palestinesi che l’uccisione di Bin Laden nei giorni scorsi ha provocato le uniche manifestazioni di protesta rilevanti di tutto il mondo arabo.

A Washington ora l’attenzione si concentra sul dopo-Bin Laden e quel che resta di Al Qaeda: la battaglia al vertice per la leadership dell’organizzazione, la rete degli appoggi esterni. Su questo secondo aspetto tutti i riflettori sono puntati sul controverso ruolo del Pakistan: un paese che ha inghiottito quasi 20 miliardi di aiuti americani dall’11 settembre 2001 a oggi, continuando a fare il doppio gioco. Contro il Pakistan si levano voci sempre più numerose al Congresso di Washington, tra i repubblicani e tra i democratici avanza l’ipotesi di tagliare gli aiuti al governo di Islamabad finché non sarà  un partner affidabile. Il presidente Obama in un’intervista alla Cbs ha confermato che Bin Laden poteva contare «su una rete di appoggi all’interno del Pakistan», sebbene gli Stati Uniti «non sappiano di chi o di cosa» fosse fatta quella rete. «Non sappiamo se possano esservi state persone, dentro o fuori dal governo», che hanno aiutato il leader terrorista, ha proseguito Obama, aggiungendo però che vuole scoprirlo presto. «È un elemento su cui dobbiamo indagare e, cosa ancora più importante, sul quale deve indagare il governo pachistano». Ma se Islamabad dovesse cercare di insabbiare le indagini – che evidentemente puntano molto in alto, ai vertici dei servizi segreti – Obama ha aggiunto un avvertimento: gli americani andranno avanti da soli lungo questa pista, e potrebbero scoprire verità  imbarazzanti per il Pakistan grazie all’immensa quantità  di segreti trovati proprio nei computer di Bin Laden. «Per scoprire di quale tipo di reti di appoggi possa aver usufruito – ha avvertito Obama – non saremo in grado di rispondere nel giro di tre o quattro giorni. Ci vorrà  un po’ di tempo prima che si riesca a sfruttare adeguatamente le informazioni che siamo stati capaci di raccogliere sul posto», ha concluso, alludendo al vasto materiale trovato nel covo del fondatore di Al Qaeda.
Per la successione a Bin Laden gli americani continuano a considerare favorito il numero due “storico”, Ayman Al Zawahiri, il chirurgo egiziano di 60 anni più volte apparso ai fianchi dello stesso Bin Laden. «Ormai è lui il terrorista più ricercato del mondo», ha confermato ieri il consigliere per la sicurezza nazionale alla Casa Bianca, Tom Donilon, aggiungendo però che «è lungi dall’essere un leader paragonabile a Bin Laden». Dopo l’11 settembre, quando Bin Laden dovette riparare in una clandestinità  a tenuta stagna e prendere precauzioni supplementari per sfuggire alla caccia degli americani, Al Zawahiri divenne un “volto” di Al Qaeda sempre più noto e più visibile. Alcuni dei più importanti proclami ideologici dell’organizzazione sono stati registrati da lui. Nel più recente di tutti, diffuso il 14 aprile di quest’anno, Al Zawahiri parla per ben 70 minuti senza neppure nominare Bin Laden, quasi atteggiandosi già  a numero uno dell’organizzazione. Ma l’egiziano è un personaggio controverso all’intero della stessa galassia di simpatizzanti di Al Qaeda. Le sue posizioni e il linguaggio ancora più virulento rispetto allo “stile Bin Laden” hanno avuto spesso come bersaglio lo stesso Barack Obama, che Al Zawahiri definì «lo schiavo negro di Israele».
Nella conferenza della Cia che si è tenuta sabato a Washington, i responsabili dell’intelligence Usa hanno spiegato che «Al Zawahiri è senza dubbio il successore presunto, ma ci sono indicazioni forti che lui non è popolare in alcuni settori della sua organizzazione». Se per assurdo Al Qaeda dovesse selezionare il successore di Bin Laden «con un’elezione», sostengono alla Cia, «Al Zawahiri potrebbe essere in difficoltà ». Oltre all’emergere di una nuova propaggine di Al Qaeda nella penisola arabica, dove il leader riconosciuto è lo yemenita-americano Anwar al-Awlaki e da dove partirono gli ultimi tentativi di attacchi terroristi agli Usa (pacchi bomba sui jet cargo FedEx e Ups), la Cia considera come potenziale leader un libico. «Si tratta di Abu Yahya Al Libi, che è conquistato un ruolo operativo, e sembra godere di un seguito maggiore».

 


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