Quando la sinistra scopre l’ironia

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Ma la vera novità  della campagna per il sindaco di Milano, almeno nelle ultime settimane verso il ballottaggio, è stato il ritorno di un’arma fra le meno frequentate dalla politica italiana: l’ironia. Sulle magliette arancioni dei ragazzi in piazza del Duomo. «Sono senza cervello». «Milano libera tutti». Nelle radio, nei capannelli, nei bar, soprattutto sulla rete, a fiumi, come antidoto ai veleni della televisione. È accaduto di colpo, come una liberazione. Il film horror della destra si è rovesciato in uno «Scary movie» da sbellicarsi. Le accuse sempre più gravi e incredibili mosse al mite Giuliano Pisapia si sono ribaltate, attraverso la parodia, nella principale fonte di propaganda a suo favore.

Il più riuscito esempio di questa parodia della paura è il video oggi più cliccato su Internet. «Il favoloso mondo di Pisapie», un cortometraggio gioiello. Pochi minuti in cui si raccontano i tormenti e gli incubi di un elettore indeciso che prova a immaginarsi la Milano in mano ai «rossi». Pisapia che ringrazia dai manifesti gli amici di Al Qaida, consegna le chiavi della Torre Velasca ai centri sociali, accoglie sulle rive dei navigli le barche dei clandestini. In una Milano dove i multisala proiettano soltanto film di Nanni Moretti, i parchi pullulano di omosessuali tossicomani, gli impiegati del Comune distribuiscono eroina zona per zona, si paga l’Ecopass anche per andare a Sesto San Giovanni. Fino all’inevitabile chiusura con furto d’auto.
Il clima alla Tarantino, anzi da vecchio film con Luc Merenda («Milano trema…») era un’occasione troppo ghiotta per le schiere di comici impegnati col candidato di sinistra. Dal principio alla fine la satira, da Dario Fo all’ultimo blogger, è stata un elemento fondamentale della campagna milanese, per quanto ignorato dai media a caccia di titoloni. Fino ai molti sorrisi della serata di chiusura, sul palco del Duomo, con la parodia papale di Lella Costa («Quando tornate a casa, date una carezza ai vostri figli e dite loro che la manda Pisapia»), le imitazioni di Marcorè, la verve di Bisio, l’elenco esilarante in finto stile Saviano di Massimo Cirri sui motivi per non votare Pisapia: «Primo, ha inventato le zanzare…».
Il vero comico sceso in campo nel voto di Milano non è stato Beppe Grillo, sempre meno divertente. Piuttosto Maurizio Crozza, dal quale infatti Pierluigi Bersani ha deciso di chiudere la campagna, con un duetto memorabile in cui il segretario del Pd, con tempi comici perfetti, ha accettato di ripetere le celebri frasi fatte luogocomuniste. E dunque «ragazzi, non siamo mica qui a tagliare i bordi ai toast», «non siamo qui a spalmare l’Autan sulle zanzare», «a smacchiare i giaguari», «a mettere i pannelli fotovoltaici alle lucciole» e via delirando.
A Crozza va del resto il merito d’aver colto per primo, a Ballarò, le potenzialità  comiche della strategia della paura. Quando per esempio, dopo aver illustrato le cattive abitudini dell’avvocato mariuolo («Era lì che svitava un’autoradio…»), ha lanciato l’appello: «Ma è possibile che con un simile delinquente in giro per Milano, Batman se ne stia a casa e non intervenga?».
Perché la vera svolta umoristica della campagna di Milano è venuta, come spesso capita, da un fatto vero. La scoperta della bat-casa del bat-figlio della bat-sindaco Letizia Moratti. Una vicenda che ha rovesciato il clima cittadino. Non solo e non tanto per la portata dell’abuso edilizio, quanto per il fragoroso abuso di cattivo gusto. Davanti a quelle immagini del loft da Gotham City, al dark tinello e alla piscina d’acqua di mare, si poteva scegliere se scandalizzarsi o scoppiare a ridere e i milanese hanno optato per la seconda ipotesi.
Da allora è scattata la rivoluzione dell’ironia, la mossa da judoka che ha usato l’aggressività  dell’avversario per restituirla come boomerang comico. Il blog di Red Ronnie, sostenitore della Moratti e diffusore di terrificanti leggende metropolitane sull’avversario «comunista», è stato invaso di messaggi grotteschi. Una piccola antologia del buonumore, con in cima l’anonimo rapper di «Non trovo più Red Ronnie, l’ha preso Pisapia». La parodia è diventata l’unica forma efficace di reazione ai colpi troppi bassi di una politica troppo volgare e menzognera per esser più presa sul serio. Per le strade di Milano tutti, perfino qualche elettore di destra, s’è messo a canticchiare le parodie musicali di Elio e Le Storie Tese o della ormai mitica Sora Cesira di «Incarcerabile», variazione di Laura Pausini dedicata naturalmente a lui e ai suoi incubi: «Perché se vince Pisapia/ temo tu debba andare via».
È presto per dire se da Milano partirà  la risata capace di seppellire la politica della paura e del rancore. Negli ultimi anni l’ironia, tanto più contro Berlusconi, non ha portato fortuna. A cominciare dal Mino Martinazzoli del ‘94, che al Cavaliere sventolante fantasmagorici sondaggi («Il 65 per cento degli italiani mi vuole premier»), aggiungeva: «Risulta anche che il 99 per cento dei cinesi lo voglia imperatore». Ma i tempi cambiano, il vento politico fa il suo giro, i linguaggi invecchiano e soprattutto la rete, Facebook, Twitter, i blog fanno sembrare decrepita le risse televisive. E questa sì è una novità  seria.


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