Raid della Nato sui porti, affondate 8 navi del Rais

by Sergio Segio | 20 Maggio 2011 10:12

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BRUXELLES – La Nato comunica di aver affondato otto navi da guerra appartenenti alle forze del leader libico Muammar Gheddafi, durante una serie di raid aerei notturni dell’Alleanza sui porti di Tripoli, Homs e Sirte.
“Vista l’escalation nell’uso della forza navale, la Nato non ha avuto altra scelta che passare ad un’azione di forza per proteggere la popolazione civile della Libia e le forze marittime dell’Alleanza”, afferma il retroammiraglio Russell Harding in un comunicato. Le otto navi, specifica la nota della Nato, sono state affondate nell’ambito di attacchi coordinati nei tre porti libici.

HILLARY CLINTON, MOGLIE E FIGLIA GHEDDAFI IN TUNISIA – La moglie e la figlia del leader libico Muammar Gheddafi sono fuggite dalla Libia per rifugiarsi in Tunisia. Lo ha confermato il segretario di stato Usa Hillary Clinton. In un’intervista alla Cbs la Clinton ha aggiunto che la pressione internazionale sul regime libico consente “progressi lenti, ma costanti”. “La pressione – ha precisato si è accresciuta al punto che la moglie e la figlia di Gheddafi sono fuggite verso la Tunisia” nelle ultime 48 ore. “Anche il ministro del petrolio ha defezionato”, ha detto ancora.

TV MOSTRA GHEDDAFI MENTRE RICEVE COLLABORATORE – La tv libica ha trasmesso ieri immagini del colonnello Muammar Gheddafi mentre incontra un suo inviato. Il rais è stato mostrato mentre riceveva un suo emissario che martedì scorso era in missione a Mosca, Mohammed Ahmed al Sharif, segretario generale della World Islamic Call Society, istituzione creata dallo stesso Gheddafi. Vestito in nero e con gli occhiali da sole, il leader libico, che appariva in buona salute, parlava con Al Sharif in un ufficio davanti a uno schermo televisivo che trasmetteva i programmi del primo canale della tv libica, con una striscia verde su cui era scritta la data di “giovedì 19 maggio 2011”. I raid della Nato hanno preso di mira a diverse riprese la caserma-bunker di Gheddafi a Tripoli. In un messaggio audio del 13 maggio scorso, Gheddafi aveva affermato che i bombardamenti della Nato non potevano colpirlo perché lui si trova “nel cuore di milioni di libici”.

E’ STATO UCCISO FOTOGRAFO SUDAFRICANO SCOMPARSO – Il fotografo sudafricano Anton Lazarus Hammerl, scomparso in Libia lo scorso 4 aprile insieme ad altri tre giornalisti stranieri, è stato ucciso sei settimane fa dalle forze pro-Gheddafi: lo dicono i familiari in un comunicato su Facebook. “Anton è stato ucciso dalle forze di Gheddafi in un luogo estremamente remoto del deserto libico. Secondo testimoni oculari, le sue ferite erano di tale gravità  che non avrebbe potuto sopravvivere senza ricevere cure mediche”, dice la famiglia di Hammerl.

OBAMA, GHEDDAFI LASCERA’. EMERGENZA PROFUGHI

di Luigi Ambrosino
Il tempo gioca contro Gheddafi e alla fine il colonnello “se ne andrà “, come hanno già  fatto altri personaggi in una regione risvegliata dal profumo della libertà  e della democrazia. Le parole di Barack Obama pronunciate nel solenne discorso sul Medio Oriente dalla Casa Bianca suonano come un avviso di sfratto sempre più imminente per il rais. Sotto le bombe della Nato, incalzato dalla rivolta, braccato dalla richiesta di arresto del procuratore della Corte Penale internazionale e sempre più solo nei suoi bunker, per Gheddafi é ormai solo questione di tempo. Ma ogni giorno che passa, ogni giorno che il regime riesce a guadagnare con furiosi combattimenti sul terreno, non fa che peggiorare la situazione umanitaria. Ieri sia l’Unicef che l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) hanno quantificato in 800mila le persone fuggite dalla Libia negli ultimi tre mesi, principalmente verso Egitto, Tunisia, Algeria, Niger, Ciad e Sudan. E i libici che sono rimasti, martoriati da settimane di guerra, soffrono condizioni gravissime. Servono 20 milioni di dollari per far fronte alle necessità  di donne e bambini in Libia per evitare un disastro, ha avvertito l’Unicef, mentre il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha lanciato l’allarme: “La situazione umanitaria non fa che deteriorarsi e la crisi impera”. Insomma, se la sorte del colonnello sembra segnata, la corsa contro il tempo è quella per salvare centinaia di migliaia di persone dal disastro umanitario. Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha ribadito che la macchina da guerra del colonnello é stata “seriamente danneggiata” e che lui stesso è sempre più isolato.

Da mercoledì si rincorrono voci sulla fuga anche dei suoi familiari più stretti – il figlio maggiore, la moglie Safia, l’adorata figlia Aisha – anche se la Tunisia ha smentito in nottata la presenza di componenti del clan Gheddafi sul suo territorio e altrettanto ha fatto nel pomeriggio la Polonia, dopo che alcuni media avevano parlato di un imminente arrivo a Varsavia della moglie e della figlia. Tra conferme e smentite, il regime comunque non fa altro che perdere pezzi e sfaldarsi. E malgrado l’Unione africana, per bocca del suo presidente Jean Ping, protesti per “la violazione nello spirito e nella lettera” della risoluzione Onu 1973 che ha dato copertura all’intervento in Libia, la comunità  internazionale va avanti. “Gheddafi aveva promesso di trattare la sua gente come topi e aveva intenzione di mantenere quella promessa”, ha ricordato stasera Obama, sottolineando che solo grazie all’intervento internazionale “é stato evitato un massacro ancora più grande”. L’Ue intanto sta valutando la possibilità  di rafforzare le sanzioni, estendendole anche ad alcuni porti ancora controllati dal regime. Il blocco delle attività  portuali avrebbe l’obiettivo di impedire alle forze di Gheddafi di esportare petrolio e importare prodotti finiti, in particolare carburanti. Nell’elenco dei porti che potrebbero finire nella lista nera dell’Unione ci sono quelli di Tripoli, Zuara, Zawiyah, Al-Khoms, Ras Lanuf e del terminal petrolifero di Brega. Secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, sull’ipotesi di estendere le sanzioni a questi scali non sarebbe però stato finora possibile raggiungere un’intesa a causa delle riserve di alcuni Paesi.

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