S&P continua l’offensiva contro l’Italia

by Editore | 25 Maggio 2011 6:50

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ROMA – Continua il pressing di Standard & Poor’s sull’Italia. Dopo aver rivisto da «stabile» a «negativo» l’outlook del debito pubblico nazionale – in pratica le sue prospettive – e anzi proprio in funzione di quella bocciatura, l’agenzia di rating estende ora il suo giudizio. Vengono così riviste al ribasso anche le prospettive di quattro banche italiane (Mediobanca, Bnl, Findomestic e Intesa Sanpaolo), della Cassa Depositi e Prestiti, delle Poste e di 12 enti regionali e locali. I rating per adesso restano invariati.

La decisione segue il duro giudizio espresso sul paese lo scorso 21 maggio, subito contestato dal ministro Tremonti. In quell’occasione S&P, come viene chiamata, aveva fatto sapere di nutrire poca fiducia nella crescita, poche speranze sulle capacità  del governo di cambiare il paese e molti dubbi «sull’ingorgo» che attanaglia la politica interna. Adesso, in una nota, spiega che la sforbiciata alle banche è di tipo, per così dire, preventivo. Ovvero l’agenzia potrebbe dover tagliare i loro rating «nel caso si verificasse un declassamento del debito sovrano dell’Italia, visti i profili prevalentemente domestici» del loro business. Invariato il giudizio su Cariparma e Credito sportivo. Decurtate invece le prospettive delle sussidiarie Imi, Banca infrastrutture innovazione e sviluppo (Biis) e Cassa di Risparmio di Bologna. 
Il taglio dell’outlook della Cassa Depositi e Prestiti è dovuto al fatto che l’istituto «gioca un ruolo critico, considerato il proprio mandato pubblico-politico e la stretta connessione con il governo italiano». Le Poste vengono considerate una «entità  legata al governo». 
Le Regioni che subiscono il peggioramento dell’outlook sono: Marche, Sicilia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Umbria. Nell’elenco figurano poi la Provincia di Roma, quella di Ancona e di Mantova. Tra i Comuni: Bologna, Genova e Lucca.
La sostanziale automaticità  della decisione di S&P ha portato a un contraccolpo in Borsa. Dopo un brusco calo dei titoli bancari made in Italy contemporaneo alla diffusione della notizia, a Piazza Affari Intesa Sanpaolo, sotto aumento di capitale, chiude la seduta con un calo dell’1,06%; Mediobanca perde invece lo 0,47%. E’ andata peggio per altri titoli bancari non interessati dal giudizio degli analisti dell’agenzia anglosassone, come Banco Popolare e la Banca popolare di Milano, che hanno ceduto rispettivamente l’1,48% e l’1,32%.
Per Intesa Sanpaolo, in particolare, S&P vede come fattori negativi «la concentrazione del business in Italia dove il rischio economico è più elevato della media dell’Unione europea, una qualità  degli asset in qualche modo inferiore rispetto a concorrenti dello stesso tipo in Europa e la forte concentrazione su un solo marchio». Anche Mediobanca in questo tipo di analisi paga «l’elevata concentrazione delle attività  in Italia», come pure «un profilo degli impieghi vulnerabile al rischio-eventi». A sostegno dell’istituto ci sono invece «la solidità  di capitale, l’esperienza accumulata nella gestione dei rischi di credito e di mercato».

 

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