Sciagura in Libia A picco barcone con 600 migranti

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Costretti con la forza ad imbarcarsi su quella «carretta» del mare. Ammassati a centinaia, uomini, donne e bambini, su un barcone che non poteva contenerli. Il loro destino è segnato. Un destino di morte. Una morte orribile: inabissati. Un barcone con oltre 600 migranti è naufragato all’alba dell’altro ieri mattina davanti alle coste libiche, nei pressi di Tripoli. Nell’incidente sarebbero morti decine e decine di migranti; altri si sarebbero salvati raggiungendo a nuoto la riva. L’imbarcazione sarebbe infatti colata a picco subito dopo la partenza, a poche decine di metri dalla spiaggia, perché sovraccarica. Secondo le testimonianze raccolte dal giornalista somalo Aden Sabrie, che collabora con la Bbc, sarebbero stati recuperati 16 cadaveri di suoi connazionali, tra cui alcune donne e tre neonati, mentre altri 32 risultano ancora dispersi. Ma il numero complessivo delle vittime, provenienti anche da altri Paesi dell’area sub sahariana, sarebbe di gran lunga superiore.
TRAGEDIA IMMANE
La notizia del naufragio è confermata al giornalista della Bbc anche dall’ambasciatore somalo in Libia, Mohamed Abdiqani. Secondo una prima ricostruzione, attraverso le testimonianze di alcuni sopravvissuti, il barcone con oltre 600 migranti sarebbe partito un’ora dopo un’altra «carretta» che aveva un numero analogo di persone a bordo. Quasi certamente si tratta dell’ imbarcazione con 655 profughi approdata in nottata a Lampedusa dopo essere stata soccorsa a circa venti miglia dall’isola dalle motovedette della Guardia Costiera. La notizia si è subito diffusa nel centro di prima accoglienza di Lampedusa, provocando commozione e sgomento. Una donna somala giunta l’altro ieri scoppia ia piangere dopo avere appreso telefonicamente da alcuni parenti che il figlio, partito con il secondo barcone, sarebbe tra le vittime.
LA DENUNCIA DELL’UNHCR
Questa ennesima tragedia dimostra come il regime libico sia senza scrupoli e non esiti a mettere a rischio la vita di centinaia di persone facendole partire con imbarcazioni assolutamente fatiscenti e non adatte alla traversata allo scopo di creare pressione migratoria sui Paesi della sponda Nord del Mediterraneo». Co-
sì Laura Boldrini, portavoce italiano dell’Unhcr, commenta la notizia dell’affondamento di un barcone con 600 persone a bordo. «Gli operatori dell’Unhcr spiega Boldrini stanno raccogliendo testimonianze di profughi giunti in nottata a Lampedusa che confermano l’avvenuto naufragio di una seconda imbarcazione partita poco dopo dalla costa libica, ma che si è immediatamente spezzata perché troppo carica». Come Unhcr, aggiunge ancora Boldrini, «siamo molto preoccupati sia che ci possa essere questa modalità , ma anche che poi una volta partite queste imbarcazioni non vengano automaticamente soccorse. una barca stracolma di gente è di fatto già  a rischio e dovrebbe essere soccorsa». Boldrini snocciola alcuni dati spiegando che sono state fatte delle stime dal 26 marzo e «includendo i 250 morti nel naufragio del 6 aprile ci sono circa 800 persone che sono partite e non sono mai arrivate. a questo numero vanno ad aggiungersi questi ultimi che ancora non sappiamo quanti sono con certezza». «Si tratta conclude di una contabilità  macabra che denota la necessità  di fare uno sforzo aggiuntivo nel mediterraneo sia da parte dei mezzi commerciali che da parte di quelli militari che devono salvare queste vite umane, serve un sistema di coordinamento per salvare la vita a queste persone». È la «guerra dei barconi» scatenata da Muammar Gheddafi. Una sporca guerra.
IL «GIALLO DELLE ARMI»
L’Italia «ci fornirà  le armi» e noi «le riceveremo molto presto», rivela da Bengasi il vicepresidente del Consigluio nazionale di transizione (Cnt) Abdel Hafiz Ghoga. Ghoga ha anche spiegato che rappresentanti militari degli insorti sono stati in Italia ed hanno raggiunto un accordo per la fornitura delle armi con i responsabili italiani. Armi pesanti, di attacco, conferma a l’Unità  una fonte vicina a gli insorti che ha seguito la trattativa. Da Roma, fonti della Farnesina smentiscono, ricordando che l’Italia fornisce «materiali per l’autodifesa» secondo gli accordi Doha nel quadro della risoluzione 1973, ma nessun materiale d’attacco. Una smentita imbarazzata. Sospetta.


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