Siria, battaglia tra militari: sei morti

by Editore | 1 Maggio 2011 7:47

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GERUSALEMME – I carri armati sono arrivati fin sulla porta della moschea al Omari nel cuore della città  vecchia di Dera’a aprendosi la strada a colpi di mitragliatrice, poi l’irruzione delle Forze speciali nel luogo di culto diventato l’epicentro della protesta a caccia di oppositori. Tank, aerei e elicotteri in azione. È stata un’altra giornata di sangue e di battaglia per questa cittadina sul confine con la Giordania da dove sette settimane fa sono partite le prime proteste contro il regime del presidente Bashar Assad. Sei civili morti e un numero incerto di feriti il bilancio del sesto giorno di assedio alla città , sono cento le vittime dall’inizio dell’assedio. La popolazione allo stremo per la mancanza di generi di prima necessità  come i viveri e l’acqua, l’elettricità  è stata tagliata come le linee telefoniche fisse. La situazione umanitaria è pessima. Alla rivolta contro il regime da tre giorni si sono uniti circa 300 soldati inviati dal presidente a Dera’a per piegare la città  ribelle del sud che hanno abbandonato le fila dell’esercito, schierandosi al fianco dei manifestanti. Sono loro che stanno rallentando l’avanzata delle Forze speciali del regime dentro la città . Ieri nelle altre città  siriane si sono tenuti i funerali delle vittime della repressione di venerdì, che secondo gli attivisti dei diritti umani ha lasciato sul terreno almeno 66 morti. Ma «Rivoluzione Siriana 2011», uno dei movimenti che guidano la protesta, non si dà  per vinta e annuncia nuove manifestazioni. «I martiri vivono in eterno», afferma il gruppo su Facebook, «e i criminali finiranno nella spazzatura della storia, la libertà  arriverà ». Il regime prova a mostrarsi compatto nella fedeltà  al presidente, sono ormai centinaia i membri del Baath – il partito-Stato in Siria – che di fronte alla feroce repressione e ai massacri dei civili hanno dato le loro dimissioni. Ma nella comunità  dell’intelligence circolano informazioni su nuove spaccature in seno alla cerchia alawita che governa, con un gruppo di generali filo-iraniani pronti a un golpe per salvare il regime dal disfacimento. Maher Assad, fratello minore del presidente e capo della Guardia repubblicana, rimprovererebbe a Bashar di non aver adottato subito azioni più dure. Maher e altri alti funzionari avrebbero chiesto al presidente di autorizzare un maggior coinvolgimento dell’Iran per salvare il regime. Ma Bashar non sembra intenzionato a chiedere aiuto a Teheran. Maher Assad sarebbe in diretto contatto con il generale iraniano Qassem Suleimani, comandante di una speciale divisione della Guardia rivoluzionaria. Suleimani è in una base vicino al confine siriano per seguire gli sviluppi della crisi ed essere pronto ad intervenire in caso di golpe contro Assad. Scenario che non può che preoccupare sia l’Europa che gli Usa.

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