Tassa sulle transazioni finanziarie, per equilibrare il peso della fiscalità  e mantenere la coesione sociale

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ROMA – Una tassa sulle transazioni finanziarie per equilibrare il peso della fiscalità  e mantenere la coesione sociale. Ne hanno discusso oggi a Roma accademici, parlamentari, banchieri  e rappresentanti della società  civile nell’ambito del seminario promosso da EconomEtica e Campagna 005 e tenutosi presso la sala conferenze della Camera dei Deputati.
“Una tassa sulle transazioni finanziarie capace di frenare gli eccessi della speculazione e di generare un gettito rilevante, pur a fronte di aliquote molto contenute, potrebbe essere una risposta concerta alla crisi economia e finanziaria di cui ancora stiamo pagando le conseguenze – si è detto -.  I Governi che la sostenessero potrebbero ottenere maggiore coesione sociale e maggiori risorse per le politiche di welfare; i cittadini si avvantaggerebbero finalmente di una redistribuzione del peso fiscale e minori tagli ai beni e servizi pubblici; le imprese potrebbero contare su più risorse per le politiche industriali e le banche che appoggiassero questo tipo di tassa potrebbero ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini ed evitare altri tipi di imposizioni che penalizzino eccessivamente il credito”.

Secondo EconomEtica e Campagna 005, “il peggioramento dei conti pubblici in Italia e in Europa generato dalla crisi finanziaria è generalmente contrastato con il taglio dei servizi e beni pubblici o con l’aumento delle tasse su consumi e lavoro, con il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale. Eppure esiste una via sinora considerata non praticabile per ripartire in modo più equo i costi della crisi: tassare le transazioni finanziarie. L’appello dei 130 economisti italiani che fanno parte di un gruppo di oltre 1000 economisti che ha scritto al G20 e il position paper del Fondo Monetario al quale l’appello fa riferimento, documentano come la tassa sia praticabile, con costi di riscossione inferiori a quelli di molte altre tasse tradizionali. L’opinione che possa essere efficace solo se applicata simultaneamente in tutti i paesi è confutata dall’esistenza di tasse simili in quasi tutti i mercati finanziari dei maggiori paesi occidentali e da studi che documentano contenute elasticità  di reazione alla sua applicazione”.
“Alcuni leader di paesi dell’Ue, tra cui Sarkozy e Merkel – continuano – si sono dichiarati chiaramente a favore dell’idea.  L’Italia fin qui ha assunto, nei tavoli internazionali, una posizione contraria o di attesa delle decisioni altrui. Eppure una presa di posizione decisa dell’Italia a favore della Tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe spostare gli equilibri nella Ue e favorire l’effettiva implementazione della misura”.

Il seminario ha messo a confronto accademici, rappresentanti delle istituzioni e una vasta rappresentanza di organizzazioni della società  civile per discutere i costi e i benefici di una tassa siffatta, comparandola con analoghe proposte (penalizzazione del rischio attraverso diverse forme di requisiti patrimoniali, tassa sui profitti bancari) attualmente al vaglio di governi nazionali ed istituzioni sovranazionali.
Il coordinatore dell’iniziativa, Leonardo Becchetti (docente di economia all’Università  di Roma Tor Vergata), ha parlato di finanza radioattiva: gli eccessi della speculazione che hanno portato alla crisi del 2008, con fallimento di diverse banche e la necessità  per i governi di far lievitare i debiti pubblici per salvarle, hanno prodotto effetti tossici che richiederanno decine di anni per essere smaltiti, al pari delle scorie nucleari. Inoltre ha ricordato che molte delle operazioni altamente speculative compiute ormai in modo automatizzato da software che comprano e vendono titoli anche più volte in un solo secondo abbiano gli stessi connotati delle scommesse sportive e come tali andrebbero tassate.
Da parte sua, Roberto Tamborini dell’Università  di Trento ha insistito sul fatto che la finanza speculativa ormai fuori controllo ha prodotto delle evidenti esternalità  negative: il rischio delle operazioni finanziarie più spregiudicate è stato esternalizzato e ha colpito parti terze (lavoratori che hanno perso il posto, cittadini che hanno visto la contrazione dei servizi pubblici, i paesi più poveri che si sono visti ancora penalizzati) che non sono in condizione di rivalersi. In quest’ottica la speculazione finanziaria andrebbe tassata come le attività  più inquinanti delle imprese.
L’ex amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, ha sottolineato come la tassa sulle transazioni finanziarie a suo giudizio non sia la soluzione agli eccessi della finanza, ma ha riconosciuto come essa potrebbe contribuire a migliorare la reputazione della banche.

Ed ancora: il prof. Alessandro Vercelli dell’Università  di Siena ha posto l’accento sul fatto che oggi il settore finanziario continua ad essere un settore “assistito” che non paga l’iva e ha ribadito come accanto all’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie sarebbe necessaria una più rigido controllo sui paradisi fiscali. Sergio Gatti, direttore di Federasse, ha parlato a nome dell’ampia rete delle banche di credito cooperativo. Le BCC appoggiano la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie purché essa sia introdotta in modo da colpire solo le attività  chiaramente speculative senza coinvolgere le attività  bancarie orientate a finanziare imprese e famiglie.
Tra i tanti interventi, da sottolineare anche quelli dell’ex ministro dell’Economia, Vincenzo Visco, che si è dichiarato favorevole alla tassa sulle transazioni finanziarie, che in questa fase storica sarebbe necessaria per arginare uno strapotere della finanza che da strumento per finanziare l’economia reale si è trasformata in un pericolo per le collettività . E Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica ed Etica sgr, ha raffermato che l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie “sarebbe un primo passo verso la modernizzazione del sistema fiscale che ha ancora un impianto ottocentesco e tassa il lavoro e la produzione di beni e servizi, mentre sembra ancora ignorare le ricchezze finanziarie che pure oggi movimento un giro d’affari di molte volte superiore al PIL mondiale”.

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