Uganda, morte ai gay

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La legge della vergogna è a un passo dall’approvazione. Fermi tutti, è stata espulsa dall’ordine del giorno del parlamento ugandese. E’ mistero intorno alla David Bahati Bill, meglio nota come Anti-Homosexuality Bill, la legge che inasprisce le pene per il reato di omosessualità . La discussione con voto era stata calendarizzata per oggi ma ieri pomeriggio un flash della Reuters ne annunciava la soppressione a causa delle forti proteste internazionali per quegli articoli che prevedono la pena di morte in alcuni casi. Rischia il patibolo chiunque compia atti sessuali con un partner dello stesso sesso avendo già  contratto l’Aids, l’uomo che abusi sessualmente di un altro uomo, chi abbia rapporti omosessuali con un minore e il recidivo. Ergastolo a chiunque sia colto mentre compie “atti omosessuali” e sette anni per i colpevoli di favoreggiamento, cioè di aver “aiutato, facilitato o incoraggiato la commissione di tali atti”, ovvero gli attivisti.

Una prima approvazione della legge era già  saltata mercoledì, per la mancanza del numero legale richiesto, ennesimo rinvio in un percorso, quello dell’Anti-Gay Bill, che è stato estremamente accidentato. Proposta nell’ottobre del 2009 da David Bahati, classe ’73, direttore del board che guida le associazioni scout ugandesi e membro del partito di governo (National Resistance Movement) del presidente Yoweri Museveni, sembrava destinata diventare legge nel giro di poco tempo ma invece è stata accantonata, quasi nascosta, per tutto il 2010. Un sottocomitato nominato dal governo era stato messo al lavoro. Lo scorso aprile aveva presentato i risultati. In una riunione a porte chiuse, il presidente dell’organismo, Eriya Kategaya, che è anche il primo vicepremier, aveva chiesto a Bahati di ritirare la proposta. Troppo compromettente per il governo ugandese.

Che in questi mesi non è stato messo sotto pressione solo da una massiccia mobilitazione di organizzazioni per la protezione dei diritti umani ma anche dall’ostilità  alla norma manifestata da Paesi ai quali Museveni deve molto. Se gruppi come Avaaz e Allout hanno raccolto on line oltre un milione e mezzo di firme, ben più efficace è stata la minaccia di un taglio netto dei fondi per lo sviluppo stanziati dal Congresso americano. A Washington, lo scorso marzo (e quindi prima che il sottocomitato ugandese concludesse i lavori, ndr), Barney Frank aveva introdotto nell’House Financial Service Committee un emendamento che prevedeva la sospensione degli aiuti economici ai Paesi la cui legislazione perseguiti persone “in base all’orientamento sessuale, all’identità  di genere o al credo religioso”. In Africa non sono pochi. Esistono leggi contro l’omosessualità  anche in Nigeria, Malawi (dov’é in uscita un bel libro testimonianza con le storie di 12 amori contrastati dalla legge, Queer Malawi, ndr) e Zambia. In Sudafrica è in crescita la violenza contro esponenti della comunità  omo, soprattutto nelle township. Il 24 aprile è stata assassinata l’attivista lesbica Noxolo Nogwaza.

In Uganda però la situazione è particolarmente preoccupante. Da quando la Bahati Bill era stata proposta, i segmenti più retrivi della società  ugandese erano passati alle vie di fatto, convinti di godere di una speciale impunità . Un giornale, Rolling Stone, era arrivato a pubblicare nomi, indirizzi e foto di noti esponenti della comunità  Lgtb (Lesbo, Gay, Transexual and Bisexual) del Paese, sotto il titolo “Impiccateli!”. Un clima di minacce e violenze che ha raggiunto il climax a gennaio, con l’omicidio dell’attivista David Kano. A Kampala, il messaggio questa volta è stato fatto arrivare forte e chiaro. Da Washington ma anche da Londra che, come rivelato dal ministro degli Esteri inglese William Hague, tramite la sua ambasciata “ha fatto lobbying” contro la proposta. Lo stesso Bahati aveva promesso la presentazione di un nuovo testo e l’eliminazione della pena capitale. Non è chiaro, al momento, se il parlamento voterà  lo stesso testo, ne approverà  uno senza gli articoli più controversi o lo casserà  definitivamente. In Uganda, in tanti premono per l’adozione del provvedimento, soprattutto i pastori evangelici, che ne sono i veri ispiratori.

 


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