25.000 alla festa dei 110 anni FIOM

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BOLOGNA – La sorpresa si chiama Roberto Benigni. E la serata esplode. Il giullare più amato e famoso nel mondo compie un’altra magia: fa tornare visibili, importantissimi, forti gli operai. I simboli della storia della sinistra che non accettano di essere relegati nell’archivio immenso dei perdenti. Degli scomparsi. Appare non annunciato sul palco di Villa Angeletti, in un parco dietro la ferrovia di Bologna dove Michele Santoro lo presenta e dove ha organizzato «Tutti in piedi», colossale manifestazione di folla e di televisione fuori da Rai e da Mediaset. Un’occasione unica per mostrare quanto sia esteso quel movimento che Roberto Saviano indica ai politici. Ci sono venticinquemila ragazzi sui prati, fin nelle strade attorno. Arrivati per i ribelli della televisione, ma anche per onorare i 110 anni della Fiom. Il sindacato per eccellenza, quello dei metalmeccanici. «Studenti operai uniti nella lotta» si ritmava decenni e decenni fa. Ieri sera non c’erano slogan. Ossia ce ne era uno per tutti. «Signori, entra il lavoro. Tutti in piedi» hanno scelto per presentarsi i metalmeccanici. 

«Rai Pride» ha scritto sulla maglietta Serena Dandini che presenta la serata insieme a Vauro. «Sono venuta qui con una missione speciale: Michele, ti devo riportare in Rai, ho anche un euro che ho prestato a Garimberti» esordisce l’anchorwoman. E’ la televisione di Stato che non accetta di farsi prona a Berlusconi e ai mille poteri. Prendendosela anche – come Santoro – con il presidente di garanzia, certo non berlusconiano. C’è Milena Gabanelli fra il pubblico, racconta del «contratto irricevibile» perché «senza copertura legale». Report come rischio personale e introito economici Rai.
Venticinquemila, fuori dai partiti. E stasera la Fiom cerca una congiunzione, chiamando a un confronto in piazza Nichi Vendola, Antonio Di Pietro, Rosy Bindi al posto dell’annunciato Pier Luigi Bersani. Persino scontato il richiamo di Serena Dandini ad un «covo di comunisti». Vauro, vestito da Dante Alighieri, con la prima vignetta omaggia Altan e il suo più famoso personaggio, Cipputi: storie di ombrelli ficcati dappertutto per decenni e urla di «basta». «Quando c’era lui, il padrone delle parole era lui» va a dire sul palco Marco Travaglio. Su una sedia, ormai attore completo. Racconta il massacro della «verità  dei fatti, persino della logica aristotelica». «Più gli scandali scattano, più lui applica come Toto non la moltiplicazione, ma la sottrazione».
Ascesa, miracoli, cupio dissolvi del berlusconismo. E’ questa la serata di Michele Santoro e la sua squadra, che raddoppiano il successo di Raiperunanotte, un anno fa, per spiegare come si fa la Rai fuori dalla Rai. Comici, giornalisti, musica, insieme ai senzavolto e senza nome come le operaie della Omsa di Faenza, fabbrica chiusa, rimasti solo i camici verdi. «Sono qui per portare un messaggio di vicinanza ai lavoratori, per ricordare che anche i magistrati sono lavoratori e vogliono rispetto come giustamente lo chiedono gli operai della Fiom» dice il magistrato Antonio Ingroia.
Woodstock dedicato agli umiliati d’Italia che non mollano. Alla dignità , alla democrazia nelle fabbriche e nell’informazione. Apre Maurizia Russo Spena, la precaria a cui il ministro Brunetta ha voltato le spalle bollandola come «l’Italia peggiore». Due lauree, due master. «Non rappresento io un fallimento, ma lui, il fallimento della sua innovazione. Ma ora il ministro non dovrà  parlare più solo con me, ma con le piazze dell’indignazione». Poi Barbara Evola, ragazza siciliana schiacciata dalla mafia. E gli studenti dell’università  senza sbocchi. Sotto le tre torri in tubi metallici, su un maxi schermo, sul grande palco centrale sfila un mondo che cerca un futuro. «Una volta ad una festa del premier mi sono anche vestita da uomo con la maschera di Obama, così per giocare» racconta in video Iris Berardi, una delle ragazze coinvolte nello scandalo Ruby.


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