by Editore | 14 Giugno 2011 8:22
È una svolta di grande rilievo e portata, perché implica in realtà un diverso modello di sviluppo, fondato sul risparmio energetico e sulla “green economy”. Un’energia pulita, insomma, per un futuro sostenibile. Un risparmio che significa anche maggiore efficienza, più ricerca e tecnologia.
Ma sarebbe riduttivo definirla una vittoria della paura: la paura dell’apocalisse, del disastro atomico, di un’altra Fukushima. È dal 1987, infatti, che gli italiani si sono pronunciati contro il nucleare. E anche recentemente avevano confermato questa diffusa ostilità , com’è avvenuto – per esempio – nel referendum consultivo della Sardegna, dove i no hanno raggiunto addirittura il 97%.
Il fatto è – per riprendere l’autorevole tesi del Premio Nobel per la Fisica, Carlo Rubbia – che oggi l’energia nucleare è ancora troppo cara e insicura. E anche al di là della convenienza economica, su cui pure insistono molti dubbi e riserve, non c’è progresso senza sicurezza per la salute e la sopravvivenza del genere umano. Questa è una priorità obbligata.
Ora si tratta, però, di difendere il verdetto del referendum. Cioè di evitare che, com’è accaduto purtroppo tante volte in passato, il risultato venga vanificato dagli espedienti o dagli artifici della politica. Noi italiani non dobbiamo aspettare una catastrofe atomica per chiudere definitivamente le centrali nucleari.
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