Anche Napolitano è “assuefatto” e fuori bersaglio

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Volendo trarre dall’appello del Presidente la deduzione coerente, si dovrebbe concludere che gli infelici cittadini di paesi subsahariani – in primis somali ed eritrei, i nostri ex colonizzati – dovrebbero starsene serenamente dove sono a scommettere se moriranno d’inedia nei loro nascondigli, se saranno uccisi negli scontri fra i rivoltosi e l’esercito di Gheddafi oppure massacrati dai bombardamenti Nato. Agendo con calma e senso di responsabilità , essi aiuterebbero «le nazioni civili» e la «comunità  europea e internazionale» a stroncare «questo traffico di esseri umani» e a «prevenire nuove, continue partenze per viaggi della morte».
Ci dispiace dirlo: la replica di Napolitano all’intervento di Claudio Magris sul Corriere della Sera manca il bersaglio. Egli, infatti, sembra ignorare che il primo dovere della comunità  internazionale sarebbe stato predisporre efficaci corridoi umanitari per evacuare tutti i rifugiati, piuttosto che buttarsi a capofitto nell’ennesima avventura militare senza sbocco, punteggiata dai soliti, numerosi «danni collaterali». Non ci sembra che egli si sia prodigato fino allo spasimo perché si realizzasse l’unica missione in Libia che meriti d’essere detta umanitaria. Inoltre, a che pensa il Capo dello Stato quando afferma che si devono «prevenire nuove, continue partenze per viaggi della morte»? Forse a nuove norme che assicurino l’effettività  e l’allargamento del diritto d’asilo? Alla creazione di un’unica regione euromediterranea che garantisca la libertà  di circolare e insediarsi nei paesi di entrambe le rive? Ne dubitiamo. È più probabile che abbia in mente il rafforzamento di Frontex e di altri dispositivi dissuasivi e repressivi, e la stipula di accordi bilaterali più cogenti con i governi che scaturiranno dalle insurrezioni arabe. Così da imporre loro, di nuovo, il ruolo di gendarmi feroci dell’Europa Fortezza.
Per inciso, smemorati come siamo, non ricordiamo che il Capo dello Stato sia mai intervenuto a deplorare gli inviti reiterati, espliciti o impliciti, dei leghisti, compreso il ministro dell’Interno, ad affondare i barconi dei migranti. Né rammentiamo che egli abbia reagito ai numerosi appelli della società  civile affinché non firmasse le nuove leggi razziali, dissimulate sotto il nome di pacchetto-sicurezza.
Infine, per quanto a malincuore, ci spetta dire che oggi suonano vaghe e vane, sebbene dotte, anche le parole di chi mette l’accento solo sull’indifferenza collettiva che nascerebbe spontaneamente «dalla ripetizione di quei drammi e dall’inevitabile assuefazione che ne deriva» (Claudio Magris). È vero, la reiterazione di uno stesso genere di tragedia può produrre rimozione, quindi indifferenza. Ma nel caso specifico a favorire questo sentimento diffuso ha concorso la pedagogia di massa – ideologica e pratica – esercitata dai precettori politici del razzismo, insediati fin nelle massime istituzioni nazionali ed europee. A fare scuola, insomma, è stato il loro magistero, teso ad affermare il principio che «clandestini» e profughi, anche donne e bambini, semplicemente non facciano parte dell’umanità .


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