‘Ndrangheta, maxi blitz in Piemonte, 150 arresti

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TORINO – È un duro il colonnello Antonio De Vita, ma non riesce a nascondere la commozione quando ricorda due dei suoi carabinieri morti nel 2009 in operazioni antidroga, e dice: «Questa operazione, fatta da uomini straordinari con mezzi ordinari, è dedicata a loro». Dopo cinque anni di indagini i carabinieri del Comando Provinciale di Torino hanno assestato un colpo mortale alla mafia calabrese trapiantata in Piemonte, rivelandone i legami con forze politiche, funzionari delle istituzioni e le infiltrazioni nel mondo imprenditoriale.
Nella notte di martedì più di mille uomini hanno setacciato il capoluogo piemontese, diversi centri della provincia e alcuni paesi in Calabria arrestando 151 tra “padrini”, “quartini” “picciotti” e “sgarristi”. Tra gli arrestati Nevio Coral, per undici anni sindaco di Leini (Comune retto ora dal figlio Italo) e suocero dell’ex assessore alla Sanità  della Regione Piemonte, Caterina Ferrero, pdl, poche settimane fa finita tra gli indagati dell’ennesimo scandalo della sanità . I carabinieri lo hanno catturato a Lione.
La Guardia di Finanza e la Dia, affiancati all’inchiesta negli ultimi mesi, hanno sequestrato ville, terreni, automezzi, conti bancari e postali per oltre 117 milioni di euro. L’inchiesta della procura di Torino, partita da un omicidio di chiaro stampo mafioso e dalle rivelazioni di due pentiti (Rocco Varacalli e Rocco Marando) ha portato alla luce l’esistenza di nove «locali» (struttura base della ‘ndrangheta che ha la sua casa madre in Calabria) sparse tra Torino e la provincia, ricostruito i loro traffici criminali che spaziano dal narcotraffico alle estorsioni e delineato la loro struttura organizzativa arrivando a scoprire anche le formule dell’affiliazione.
La vera sorpresa però è stata la scoperta degli stretti rapporti tra le cosche calabresi e la politica torinese. «L’amorevole intreccio tra criminalità  organizzata e politica dà  a quest’inchiesta un risvolto inquietante. Il voto di scambio avveniva a qualsiasi livello. È una vergogna inaccettabile», ha infatti spiegato Giancarlo Caselli, capo della procura di Torino.
Oltre a quello di Nevio Coral, arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, nelle carte dell’inchiesta compaiono i nomi di Claudia Porchietto, candidata del Pdl alla presidenza della Provincia di Torino nel 2009 e filmata in quei giorni, mentre incontra uno dei capi delle cosche che gli promette il suo appoggio, di Paolo Mascheroni, sostenuto dalla ‘ndrangheta nella sua campagna per diventare sindaco a Castellamonte («Gli date una mano poi fate quello che volete a Castellamonte», dicono nelle intercettazioni i mafiosi calabresi), di Antonio Mungo, candidato per il centrodestra al Comune di Borgaro Torinese, del senatore CCD Gino Trematerra e di Fabrizio Bertot, sindaco di Rivarolo Canavese e candidato al Parlamento Europeo. L’ombra inquietante della mafia calabrese però aleggia anche sulle primarie del Pd vinte da Piero Fassino, oggi sindaco di Torino.
Salvatore De Masi, capo del locale di Rivoli che incontra regolarmente politici come il deputato dell’Idv Gaetano Porcino, il consigliere regionale Antonino Boeti del Pd e l’assessore di Alpignano Carmelo Tromby dell’Idv, viene contattato dall’onorevole pidiessino Domenico Lucà  che gli spiega: «Tu sai che a Torino abbiamo le primarie e che sto sostenendo Fassino. Per dare continuità  alla giunta di Chiamparino…». E il capomafia risponde: «Tu dimmi che mi interesso, ho molti amici da consigliare, facciamo votare Fassino da tutti quelli che conosciamo…».

 


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