Centro di via Corelli, la denuncia di Arci Milano: “Impossibile sapere quello che succede lì dentro”

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MILANO – “Il Centro di identificazione ed espulsione di via Corelli è una fortezza, è quasi impossibile sapere quello che succede lì dentro”, è la denuncia di Ilaria Scovazzi, responsabile area immigrazione di Arci Milano, che questa sera presenterà , assieme a rappresentanti del Naga, di Antigone e del Sel, il rapporto “Corelli è una brutta storia”. Le pessime condizioni igienico-sanitarie riscontrate, i diversi tentativi di suicidio, episodi di violenze e, da ultimo, il sequestro dei cellulari degli “ospiti” di via Corelli sono gli elementi denunciati nel rapporto e che sono stati inseriti in un esposto alla Procura della Repubblica depositato a metà  maggio. Le rappresentanti di Arci hanno avuto modo di visitare il Cie di Milano nell’ambito di un progetto della rete europea “Migreurope” che ha organizzato visite all’interno dei centri di detenzione per migranti in diversi Paesi europei.

Particolarmente gravi le condizioni igienico-sanitarie della struttura che comprende una sezione per i trans e tre per gli uomini. Mentre quella per le donne è stata chiusa. “Ci sono sei docce, di cui solitamente un paio non funzionanti, per una camerata di 25 persone -spiega Ilaria Scovazzi-. Non ci sono sedie, né armadi, né tende per riparare le stanze dal sole estivo. Non viene fatta manutenzione e non ci sono termosifoni funzionanti, e d’inverno si muore di freddo. Da dieci anni a questa parte la situazione non è cambiata”.
Oltre alle camerate c’è poi quella che viene definita “area benessere”: “Quattro tavoli piantati nel pavimento, un televisore e due macchinette che distribuiscono snack. Sempre vuote”, commenta Ilaria Sovazzi.

Al grave deficit strutturale del Cie si aggiungono poi nuovi elementi che hanno reso ancora più difficili le condizioni di vita delle persone trattenute. “Da un po’ di tempo a questa parte vengono ritirati i cellulari a chi viene chiuso nel Cie -spiega Ilaria Scovazzi-. Ci è stato detto che questo avviene sulla base di una disposizione della Prefettura. Ma non siamo riusciti a ottenere né a trovare questa ordinanza. Si tratta di un provvedimento folle: per chi si trova nel Cie il telefono cellulare è uno strumento che serve per contattare i propri familiari, gli avvocati”. Le comunicazioni con l’esterno ora passano attraverso i quattro telefoni pubblici presenti nel centro: la scheda può essere acquistata grazie a un buono di cinque euro che, ogni due giorni, viene dato dalla Croce Rossa (ente gestore del Cie di via Corelli, ndr) a ciascun ospite.

Il rapporto denuncia anche i diversi tentativi di suicidio avvenuti nel centro. “Abbiamo visto un ragazzo tunisino con evidenti segni sul collo: aveva tentato di impiccarsi. Un altro con la schiena completamente ustionata per aver tentato di darsi fuoco -riferisce Ilaria Scovazzi-. E ancora diverse persone con tagli profondi sulle braccia e alla gola”.
All’interno della struttura di via Corelli, riferisce ancora la responsabile di Arci “abbiamo trovato persone in condizioni di salute incompatibili con le condizioni di vita del Cie: un sofferente psichico con tanto di referto, una persona disabile”. Durante la visita del 2 maggio, la delegazione ha incontrato E.B.M., marocchino di 62 anni, di cui 15 passati in Italia e senza precedenti giudiziari, soffre di artrite e di aritmia (come attesta la sua documentazione medica) il 28 aprile 2011 è stato fermato e condotto in Questura a Genova: non ha i documenti in regola, gli viene notificato un provvedimento di espulsione e viene portato nel Cie di via Corelli. (is)

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