Flotilla 2, la Turchia ci ripensa

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GERUSALEMME – La radio israeliana qualche giorno fa riferiva che la «Flottilla 13», unità  di élite della Marina militare, continua a esercitarsi e a simulare un blitz «su una nave di attivisti politici» decisi a forzare il blocco di Gaza, in vista della partenza della Freedom Flotilla 2 «Stay Human».
L’emittente ha aggiunto che il numero dei commando israeliani che saranno impegnati in un eventuale abbordaggio alle navi pacifiste sarà  molto superiore a quello del raid del 31 maggio dello scorso anno in cui vennero uccisi nove civili turchi sulla nave «Mavi Marmara». Eppure la minaccia dell’uso della forza rimane il secondo livello di intervento pianificato da Israele. Il primo resta quello delle pressioni diplomatiche e politiche che cominciano a produrre risultati. Non c’è ancora un annuncio ufficiale ma a quanto si è appreso nelle ultime ore proprio la «Mavi Marmara», il simbolo della Flotilla e della campagna internazionale contro il blocco navale di Gaza, rischia di rimanere all’ancora.
L’importante ong islamica turca Ihh, rispettando evidentemente le disposizioni ricevute dal governo di Ankara, ha fatto sapere all’ampia coalizione di gruppi e associazioni riuniti nella Flotilla 2, di ritenere opportuna una «pausa di riflessione» prima di far salpare la «Mavi Marmara» per Gaza, alla luce della situazione regionale, aggravata dalla crisi siriana che coinvolge direttamente la frontiera sud-orientale turca. La Ihh comunicherà  la sua posizione definitiva tra 2-3 giorni ma è ormai chiaro che l’ong turca si sta chiamando fuori dalla missione della Flotilla 2, dedicata a Vittorio Arrigoni assassinato due mesi fa a Gaza.
Per un anno, sull’onda dello sdegno provocato dalla strage di cittadini turchi sulla Mavi Marmara, il premier Erdogan e altri esponenti di primo piano del governo turco non hanno interferito in alcun modo nell’organizzazione della nuova missione navale a sostegno della popolazione di Gaza sotto assedio israeliano. «I governi democratici non possono fermare i loro cittadini che intendono far partire un’altra flottiglia di aiuti per Gaza e sfidare un blocco (israeliano) illegale», aveva ribadito, appena qualche settimana fa, il ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu, replicando all’appello ad impedire la partenza della «Stay Human» lanciato dal Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Nelle ultime settimane, sotto la pressione degli Stati Uniti (per conto di Israele), Erdogan ha cambiato improvvisamente rotta, non solo nei confronti della Flotilla 2 ma anche delle tensioni che da mesi attraversano la regione. Ha criticato duramente il presidente siriano Bashar Assad, suo amico personale fino a qualche giorno fa, e ha ceduto all’insistenza di Washington per la riappacificazione tra Ankara e Tel Aviv, storiche alleate ma arrivate alla rottura delle relazioni a causa del bagno di sangue sulla Mavi Marmara e dalle mancate scuse ufficiali di Israele. Il quotidiano turco Hurriyet mercoledì ha riferito che lo Stato ebraico è pronto a ricomporre la frattura ma vuole che Ankara fermi la Flotilla. L’Ihh, molto vicina al premier Erdogan, ha perciò assunto una posizione improvvisamente «prudente» mettendo in forte difficoltà  l’organizzazione della missione navale per Gaza. Centinaia di attivisti internazionali pronti a salire a bordo della Mavi Marmara ora dovranno essere ridistribuiti sulle altre navi. Non pochi forse dovranno rinunciare al viaggio. Ma la Flotilla 2 «Stay Human» non si ferma e intende procedere con la missione volta a rompere il blocco navale che Israele attua intorno a Gaza e che include anche la nave italiana «Stefano Chiarini» che porta il nome del giornalista del quotidiano Il Manifesto scomparso nel 2007.


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