Gates: “Libia, rischio fallimento gli Alleati devono fare di più”

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Fra pochi giorni lascerà  la scrivania di capo del Dipartimento alla Difesa, e questo forse ha dato ieri a Robert Gates maggiore libertà  nel fare il suo ultimo appello agli alleati europei della Nato. Primo tema, quello del ruolo e dell’impegno europeo nella difesa comune, un impegno tanto modesto da far rischiare alla Nato «l’irrilevanza militare collettiva» se le spese militari non cresceranno.
E’ un vecchio argomento, ripetuto da ogni segretario alla Difesa. Ma questa volta Gates ha aggiunto un particolare che colpisce: «In America sta arrivando al potere una generazione che ha anche 20-30 anni di meno di me. Se l’attuale tendenza (ai tagli nella difesa europei, ndr) non viene interrotta, i futuri leader Usa, quelli per i quali la Guerra Fredda non è stata un’esperienza formativa come per me, potrebbero decidere che non vale più la pena investire nella Nato».
Messaggio nudo e crudo, che prevede un esempio immediato e concreto: la missione in Libia. Gates dice senza mezzi termini che «la mancanza di volontà  e di mezzi nella missione in Libia potrebbe compromettere il successo della campagna», perché «la Nato sembra diventare un’alleanza a due velocità  in cui alcuni alleati combattono e altri fanno solo missioni umanitarie».
C’è preoccupazione e irritazione nell’intervento di Gates sulla Libia, soprattutto perché proprio ieri la Norvegia ha annunciato che i suoi quattro aerei F-16 che partecipano ai bombardamenti dal prossimo 1º agosto verranno ritirati. «La verità  è che l’appello di Gates al maggior coinvolgimento militare coincide con la decisione di accelerare al massimo la pressione militare su Gheddafi», dice un diplomatico italiano che segue le operazioni.
Soprattutto di questo hanno parlato ieri a Roma il ministro degli Esteri Franco Frattini e il generale David Petraeus, comandante uscente di Isaf in procinto di diventare nuovo capo della Cia. «Sull’Afghanistan l’intesa con l’Italia è ottima, davvero non sapremmo cosa chiedere di più», ha detto Petraeus. E sulla Libia la consultazione è molto intensa, proprio in vista di queste accelerazioni che la Nato vorrebbe dare per raggiungere un successo: Roma, a torto o forse a ragione, viene considerata una città  in cui si sa ancora molto di Libia, e Petraeus – forse già  con la testa al suo prossimo incarico di capo della Cia – sa bene che il ruolo dei servizi di intelligence italiani a Tripoli nelle ultime settimane è andato crescendo. E un’alta fonte americana ha sottolineato che anche «nelle operazioni militari l’Italia fa moltissimo».
Tra l’altro secondo voci non confermate, l’altro ieri un nuovo gruppo di 20 ufficiali di medio livello di polizia e servizi segreti libici è fuggito con un barcone in Tunisia. Gli uomini che hanno abbandonato Gheddafi potrebbero chiedere asilo in Italia, e contribuire anche loro a fornire informazioni e suggerimenti per la fase finale nell’attacco al regime gheddafiano.


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