Il governo al vertice decisivo su economia e asse con la Lega

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Cosa fare? Quando oggi Tremonti, Bossi e Berlusconi si troveranno ad Arcore, insieme ad un pezzo di stato maggiore leghista, compreso il «Trota» Renzo, figlio di Umberto, e al nuovo segretario del Pdl, Angelino Alfano, si guarderanno in faccia e si faranno di sicuro questa domanda: cosa fare? Nessuno di loro sembra avere la risposta in tasca. Discuteranno certamente del nuovo ministro della Giustizia, da nominare quando Alfano traslocherà  al partito: per qualcuno non è tramontata l’ipotesi che possa andare alla Lega, che punterebbe anche alla poltrona di vicepremier. Continueranno comunque tutti a confrontarsi su una riforma del fisco che non arriva nei tempi che il Cavaliere vorrebbe e che è complicata dall’obbligo di una manovra finanziaria che l’Italia ha già  garantito all’Unione Europea. Ma innanzitutto dovranno decidere come affrontare il resto della legislatura, con quale programma e con quali chance per risalire la china. Alla ricerca di una sintesi politica l’incontro che comincerà  oggi ad Arcore sarà  certamente molto difficile, visto che fra il premier e il suo ministro dell’Economia continuano ad esserci divisioni di non poco conto su come e quando varare la riforma del fisco. Per il Cavaliere, che ieri ad Arcore si diceva «preoccupato» per lo stato della maggioranza, è una questione di sopravvivenza: è consapevole il capo del governo che senza una scossa, per quanto difficile e poco compatibile con lo stato del bilancio pubblico, non soltanto il centrodestra si avvia a perdere le prossime elezioni politiche, ma rischia di affrontarle prima del tempo, certamente molto prima della scadenza naturale della legislatura. Quanto Bossi gli starà  a fianco, nel pressing su Tremonti, è un’altra delle domande che oggi troveranno forse risposta: nella Lega, dal giorno della sconfitta alle Amministrative, l’immagine del ministro brilla un po’ meno, e c’è anche chi imputa alla rigidità  finanziaria del Tesoro una fetta della perdita di consenso del partito del Senatur. — di certo si parlerà  anche di rimpasto, della voglia della Lega di avere altri posti nell’esecutivo, della necessità  di occupare tutte le caselle in vista della verifica parlamentare che si terrà  a fine giugno. Nel Carroccio non si smette di credere che il premier possa accettare di vedersi affiancare un vice targato Lega. Roberto Maroni potrebbe essere in cima alle richieste leghiste, per rafforzare l’immagine del partito agli occhi dei suoi elettori. Altri argomenti, meno ufficiali, si potrebbero aggiungere alla riunione: consapevoli tutti che ci sono poche chance di vincere fra due anni, potrebbero tutti convenire sul fatto che occorre dire al Cavaliere di fare un passo indietro, per riagganciare l’Udc di Casini e ricostituire un fronte dei moderati. Il problema è che sia nel Pdl che nella Lega nessuno ha finora trovato il coraggio di affrontare apertamente questo argomento con il capo del governo, mentre a sua volta Berlusconi, in incontri meno ufficiali, ogni tanto rinnova la voglia di mollare tutto: se la Lega non mi segue, si sfogava ieri a Villa San Martino, vorrà  dire che ognuno andrà  per la sua strada. Facendo capire che, a differenza del passato, i rapporti con Umberto Bossi non offrono le garanzie che una volta il presidente del Consiglio era abituato ad ascoltare. Se fino a qualche tempo fa Berlusconi avrebbe messo una mano sul fuoco sull’alleato di una vita, oggi il quadro sembra cambiato: è da alcuni giorni che il premier in privato si mostra più che preoccupato sulle possibili decisioni del secondo partito della maggioranza.


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