Il Portogallo svolta a destra per uscire dal rosso della crisi

by Sergio Segio | 6 Giugno 2011 11:06

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LISBONA — La campana di José Socrates suona alle 21 locali di ieri, quando l’irrimediabile catastrofe socialista si profila in tutta la sua estensione: il Ps è in stallo al 28% dei voti, e i caroselli di auto s’impadroniscono del centro di Lisbona a festeggiare la vittoria della destra (con il 38,7%al Psd, partito socialdemocratico, e l’11,7%ai popolari del Cds). L’ormai ex primo ministro portoghese non ha altra scelta che dimettersi anche dalla segreteria generale del Ps, annunciando un congresso straordinario e la conclusione del suo ciclo politico: «Questa sconfitta elettorale è solo mia — dice —. È tempo di un nuovo leader. Io tornerò a essere, dopo 23 anni, soltanto un militante di base» . La sua stella ha brillato poco più di sei anni, da quel 12 marzo 2005 quando conquistò il governo con il 45%dei voti e garantì la maggioranza assoluta socialista in Parlamento, per la prima volta dall’inizio della democrazia, nel 1974. Guidati da un economista conservatore di 46 anni, Pedro Passos Coelho, i socialdemocratici si riprendono ora il Paese, perso poco dopo la partenza di José Manuel Durà£o Barroso per la Commissione europea, e avranno giusto bisogno dei popolari ultraconservatori capitanati da Paulo Portas (Cds), alla loro destra, per arrivare a un blindato 51%in Parlamento. Criticato per la sua relativa inesperienza di governo, Passos Coelho è figlio di un medico emigrato in Angola quando lui era appena nato, e rientrato in Portogallo dopo la rivoluzione dei garofani. In politica da quando aveva 14 anni, sposato due volte, tre figlie, si è presentato come «il candidato preferito dalle istituzioni internazionali» , e ha ottenuto la fiducia anche dei portoghesi. Finiti i festeggiamenti, affronterà  però la realtà , che il 44%dell’elettorato, astenendosi o votando in bianco, ha già  disdegnato: vinca chi vinca, sarà  la «troika» a governare il Portogallo. Il triumvirato formato dal Fondo Monetario Internazionale, dall’Unione Europea e dalla Banca Centrale Europea, ha piazzato sul Paese un’ipoteca da 78 miliardi di euro, per il suo riscatto finanziario. E dettato il programma elettorale meno sexy di tutta la storia democratica: rimettere in ordine i conti pubblici ridotti a un deficit dell’8,7%del Pil e a un debito del 92,4%. In che modo? Promettendo almeno tre anni di dolori: aumento delle tasse, riduzione dei salari, limiti più stretti alle prestazioni sociali e in particolare sanitarie, rincari per le tariffe dei trasporti. Quel che conta, da qui al 2013, non è la felicità  dei portoghesi, ma la riduzione del deficit pubblico al 3%. «Siamo un protettorato della Germania e del Fondo Monetario Internazionale, e continueremo a esserlo per i prossimi tre anni» sostiene il direttore del Diario Economico, Antonio Costa, secondo il quale «la crisi politica ha accelerato ciò che già  era inevitabile» , e «Pedro Passos Coelho merita di vincere le elezioni perché ha presentato un programma elettorale, cioè uno dei due programmi che abbiamo visto, perché l’altro è della troika» . Mentre Socrates merita di perdere perché «vuole uno Stato sociale che ormai non esiste più e che la sua stessa politica ha contribuito a condannare» .

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