Il Vaticano e Rotelli Due piani per salvare l’ospedale San Raffaele

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Una cordata di ispirazione cattolica, ancorata ad alcune congregazioni e alle istituzioni vaticane, starebbe predisponendo una proposta, e preparando un consistente assegno, per assumere la guida industriale del gruppo fondato e tuttora guidato da don Luigi Verzé. È un disegno chiaramente alternativo e in concorrenza con quello, peraltro mai formalizzato, di Giuseppe Rotelli, l’imprenditore a capo del gruppo ospedaliero San Donato. Però nessun passo ufficiale e pubblico è stato ancora fatto anche perché tutti attendono al varco il consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor.
Oggi l’ente al vertice del gruppo ospedaliero (oltre 600 milioni di fatturato, quasi un miliardo di debiti) dovrebbe deliberare su due argomenti fondamentali: il piano di risanamento finanziario e la procedura concorsuale. Commissario giudiziale in vista? O accordo di ristrutturazione dei debiti (182 bis) semplicemente omologato dal tribunale? Si vedrà  e non è improbabile che il cda su alcune decisioni importanti possa slittare di qualche giorno. Comunque dal varo del piano di risanamento e della procedura concorsuale non si può prescindere: sono la base da cui partire per poi arrivare ad accordi con partner industriali, anche questi imprescindibili ma meno urgenti. Rotelli e il Vaticano, come detto, sarebbero pronti a candidarsi e ad entrare nel capitale ma con il San Raffaele già  messo in sicurezza dal varo del piano dell’advisor Arnaldo Borghesi, il via libera delle banche e l’ok del tribunale al concordato con i creditori.
 Il mondo scientifico interno al polo milanese (professori, primari, ricercatori) potrebbe essere l’ago della bilancia se riuscirà  a far affluire i capitali di un fondo etico con cui avrebbe contatti avanzati. Fuori dagli schieramenti dovrebbero rimanere i cosiddetti amici o sostenitori del San Raffaele, cioè coloro che in un primo tempo venivano indicati in gruppo con Rotelli.
Le famiglie Doris, Moratti, Riva e altri potrebbero entrare con piccole quote indipendentemente da chi assumerà  la gestione industriale. È intuibile, tra Rotelli e Vaticano, da che parte potrebbe (o dovrebbe) spingere don Verzé, anche se Oltretevere il numero uno del San Raffaele non è mai stato molto amato per quel suo piglio da prete-manager fuori dagli schemi. In ogni caso la Fondazione nei prossimi mesi dovrà  lasciare la gestione e la proprietà  del San Raffaele a chi offrirà  le migliori garanzie finanziarie, di capacità  gestionale e di compatibilità  con l’ «anima» del San Raffaele.


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