La crisi, l’Europa e il silenzio della sinistra

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Se si considerano le elezioni tenutesi in Europa nell’ultimo anno Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Spagna, Portogallo appare una costante: i partiti al governo di destra o di sinistra subiscono pesanti sconfitte. Naturale, sostiene qualcuno: quando si tratta di applicare necessarie politiche impopolari, i partiti al governo ne pagano il prezzo. Ma probabilmente l’elettorato è più maturo di così e la scarso consenso che la risposta alla crisi riesce a ottenere dipende dal modo in cui essa viene raccontata e dalla visione del futuro che ne scaturisce. Per la sinistra esiste poi un problema particolare: dai risultati recenti emerge che agli occhi degli elettori la sinistra non riesce a distinguersi dalla destra nell’interpretazione della crisi e nella risposta ad essa.
Per quanto riguarda il passato in estrema sintesi si può dire che in Europa la sinistra, negli anni in cui è prevalso l’approccio “Terza via”, si è caratterizzata positivamente sul piano dei diritti e della modernizzazione culturale, ma non sulla definizione di una via diversa per la realizzazione del processo di globalizzazione e di un diverso modello di sviluppo e di società : eppure è soprattutto su questo terreno che si sta giocando e si giocherà  la partita. Il caso del governo Zapatero è l’ultimo ed è molto chiaro.
Anche nel racconto della crisi in Europa non si avvertono nette differenze. Prevale la lettura del governo tedesco: ci sono stati “paesi virtuosi”, Germania in testa, che hanno puntato sulla competitività , hanno mantenuto attivi strutturali delle bilance dei pagamenti, hanno risparmiato e ci sono stati “paesi viziosi” che hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi, provocato crescenti passivi delle bilance dei pagamenti e si sono pesantemente indebitati con l’estero. Ora i paesi virtuosi devono con i quattrini dei propri contribuenti evitare il fallimento o l’espulsione dall’euro di quelli viziosi. Nessuna meraviglia che gli elettori tedeschi si sentano infelici e che la Merkel perda consensi anche se sono positive le performance dell’economia tedesca. Nessuna meraviglia che si tenda allora ad imporre ai Paesi viziosi terrificanti politiche di austerità  che potrebbero rivelarsi controproducenti.
C’e un’altra lettura possibile. È evidente che gli attivi strutturali di certi paesi non potrebbero esistere senza i passivi strutturali di altri; che i paesi viziosi non avrebbero potuto indebitarsi così pesantemente per aumentare i propri consumi se le banche dei paesi virtuosi non avessero fatto loro credito utilizzando sconsideratamente i risparmi dei propri clienti. Non esistono allora virtuosi e viziosi, ma solo due facce dello stesso vizio: uno sviluppo squilibrato che richiederebbe per essere corretto politiche diverse da quelle correnti.
Che la crescita economica dell’Europa stesse andando in una direzione diversa da quella auspicata nei progetti politici tipo “Libro bianco” o “ Progetto Lisbona” e che ciò mettesse in evidenza la mancanza di politiche adeguate per ottenere lo sviluppo desiderato si poteva vedere in tempo reale, ma la sinistra non ha fissato su questo tema il confronto sul futuro dell’Europa. Ed anche oggi non riesce a fare emergere una visione del futuro diversa da quella sconcertante che emerge dalla semplice tendenza all’austerità .
Prima ancora di entrare nel merito delle politiche alternative, tuttavia, vi è un tema a monte. È chiaro ormai che gli orientamenti che prevarranno a livello sovranazionale e i diversi scenari che essi configureranno avranno un’influenza determinante sul futuro. Per le scelte nazionali farà  una grande differenza se a livello mondiale si affermeranno atteggiamenti conflittuali e pratiche protezioniste più o meno mascherate o si riuscirà  a creare nuove forme di cooperazione tali da consentire di ristabilire un controllo politico sul processo di globalizzazione e ridurre gli squilibri.
A livello europeo la rottura dell’area euro appare ora un’eventualità  possibile. È chiaro che l’Unione europea non resterà  così come è: o andrà  avanti nel processo di unificazione o dovrà  fare dei passi indietro. Ed è altrettanto chiaro che il fatto che si realizzi una scenario o l’altro farà  un’enorme differenza per le diverse politiche nazionali. Ma queste scelte non fanno parte del dibattito politico della sinistra. Certo esiste un documento del Partito Socialista Europeo ed anche una proposta di programma del Pd dove questi temi vengono in parte affrontati, ma si tratta di documenti semiclandestini che non stanno influenzando il dibattito e le scelte.
La sinistra non ha alcuna speranza di recuperare un consenso sostanziale dando ai cittadini un senso del proprio futuro senza rimettere questi temi al centro del dibattito politico.


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