La nuova legge rischia di trasformare i bambini da “condivisi” a “divisi”

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È iniziata in Commissione giustizia del Senato la discussione sul disegno di legge n. 957 – presentato da alcuni senatori della maggioranza – che mira a modificare le norme sull’affidamento condiviso dei figli nei giudizi di separazione e divorzio.
La legge sull’affidamento condiviso è stata approvata solo cinque anni fa dopo un lungo dibattito che ha prodotto un risultato tutto sommato equilibrato. Si è previsto che, in generale, dopo il fallimento del matrimonio, i figli debbano essere affidati ad entrambi i genitori. Ciò significa che entrambi hanno gli stessi diritti e le stesse responsabilità  nell’assumere le decisioni relative ai figli, nel guidarne l’educazione e la crescita. Pur essendo condiviso l’affidamento, i figli non vengono ovviamente divisi a metà  fra l’uno e l’altro genitore: la legge approvata nel 2006 lascia al giudice il potere di determinare i tempi e le modalità  della presenza del bambino presso ciascun genitore e questo potere è stato interpretato dalla maggior parte dei tribunali individuando comunque il genitore con cui il bambino continuerà  a vivere dopo la separazione, pur prevedendo ampi spazi di frequentazione per l’altro genitore. Generalmente, nella prassi nei nostri tribunali, si prevede che il figlio, su un ciclo di due settimane, passi circa 10 giorni con il genitore convivente e quattro con l’altro (con un’equa divisione dei fine settimana e del tempo libero). Questo perché un bambino non può avere due case, due camere, due scrivanie su cui fare i compiti, due armadi. Un bambino deve essere in grado di rispondere ad una domanda semplice: «dove abiti?». Se è costretto a rispondere «un po’ di qua e un po’ di là » non è un bambino «condiviso», ma diviso, dissociato. Un bambino, almeno in generale, non è in grado di reggere allo stress provocato dal dividere il proprio tempo a metà  fra due mondi. Non ci riesce spesso neppure un adulto! Il disegno di legge in discussione al Senato mira invece espressamente a contrastare la prassi attuale che viene definita, nella relazione introduttiva, come una «insidiosa forma di non applicazione della legge del 2006». Se il disegno di legge sarà  approvato, il giudice dovrà  necessariamente stabilire che il bambino abbia il domicilio presso entrambi i genitori. Quindi, poiché i genitori vivono separati, il figlio avrà  due case, due luoghi di residenza, e dividerà  il suo tempo fra questi due luoghi «pariteticamente, salvi i casi di impossibilità  materiale».
Non c’è alcun dubbio sul fatto che per un genitore possa essere una grande sofferenza perdere il rapporto quotidiano con suo figlio durante i giorni di scuola e recuperarlo solo durante il fine settimana, ma le regole devono tenere conto dell’interesse dei figli e non dell’interesse dei genitori. Se i genitori, nonostante la separazione, riescono ancora a condividere il loro ruolo di educatori, prendendo assieme le decisioni, consultandosi nei momenti difficili, mostrando solidarietà  reciproca, il bambino non subirà  conseguenze negative dalla separazione; se invece uno cerca di sovrastare l’altro e questo reagisce denigrando il primo, il bambino patirà  un danno irreparabile. In questo contesto, dividere il tempo del bambino a metà , come una mela, non giova al figlio e serve solo a farlo soffrire. Non cambiate quella legge!
* Ordinario di Diritto privato all’Università  di Milano


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