Le bugie della Rete

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Il credito va dato in primo luogo al giornalista di Npr Andy Carvin, che con i suoi 48mila contatti su Twitter ha sguinzagliato un’indagine di massa. La scoperta che anche le foto circolate (la prima pubblicata dal Guardian, che l’aveva ricevuta via email proprio da “Amina” in occasione della sua intervista, e poi sulla pagina Facebook della campagna per liberarla) appartenevano a un’ignara cittadina inglese, ha dato la conferma del falso. A quel punto è partita la caccia al falsario: una persona sola? Un gruppo? Un siriano/a che comunque vuole nascondersi?
Le tracce elettroniche di “Amina” portano in due direzioni: la Georgia e la Scozia. Quando i dubbi sull’identità  di Amina circolano, si fanno vivi i membri di un forum di Yahoo chiamato thecrescentland – ora chiuso – creato dal nickname “Amina” anni fa. Uno dei suoi membri, Scott Palter, dice al Washington Post di aver chiesto ad Amina l’indirizzo di casa per poterle mandare gli auguri di Natale. L’indirizzo è una casa di Stone Mountain, in Georgia. Il proprietario, come il sito Electronic Intifada verifica con l’ufficio immobiliare della Georgia, è Thomas MacMaster, lì residente fino al settembre 2010. Finché lo stesso MacMaster non annuncia su Facebook il trasferimento a Edimburgo. Sua moglie Britta Froeliker, studiosa della Siria, ha un account Picasa per creare album online. Nell’album “Syria the best” compare anche una foto identica a una postata sul blog A gay girl in Damascus. Nella versione di Britta, la foto è tagliata. In quella di “Amina” compare l’originale: chi ha postato la foto era in possesso dell’originale e non viceversa. Infine, la Scozia. Il sito di blogging lesbico Lezgetreal, cui Amina si è rivolta a febbraio per aprire il blog, conferma che l’identità  si è connessa 135 volte, da due indirizzi IP scozzesi, fatti risalire all’Università  di Edimburgo dove MacMaster sta studiando. Che “Amina” utilizzasse proxy scozzesi non aveva destato lì per lì sospetti: lei stessa spiegò di voler aggirare la censura del regime, procedura piuttosto comune. Uno di questi indirizzi IP era anche la fonte di alcuni editing di articoli su Wikipedia, a cominciare dall’ottobre 2010. Tutti riguardanti il Medio Oriente, l’Islam, la storia, temi coincidenti con gli interessi e le attività  pubbliche di MacMaster e di sua moglie Britta. Man mano che l’identità  reale e quella virtuale si sovrappongono, giornali e blogger cominciano a tempestare MacMaster. Lui dapprima nega, poi cede chiedendo scusa. Ma c’è da star certi che la sua fama sul web è appena agli inizi, stavolta con il suo vero nome.


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