Libia, i dubbi della Raf sui raid “Sono insostenibili oltre settembre”

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ROMA – La guerra di Libia inizia a pesare in maniera forse imprevedibile sui paesi europei che hanno deciso di combattere Gheddafi. L’Italia vacilla nella sua convinzione politica a causa dei distinguo della Lega Nord e della scarsa convinzione complessiva della maggioranza di governo.
Ieri, il leader del Carroccio Umberto Bossi ha annunciato che «le guerre finiscono quando terminano i soldi», mentre il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha detto di non essere in polemica col capo dello Stato, ma ha ribadito che per lui (e per la Lega) la missione in Libia finisce a settembre. Con la Lega ormai si muove tutto il governo: il ministro della Difesa La Russa parla apertamente di «discussioni e coordinamento fra gli alleati», quindi nessuna scelta unilaterale, ma anche in questo caso l’obiettivo è finirla prima di settembre. E lo stesso presidente del Consiglio Silvio Berlusconi annuncia che in Consiglio Supremo di Difesa, il 6 luglio, di fronte a Napolitano, «il governo valuterà  il da farsi sulla Libia». Il premier, che auspica una soluzione politico-diplomatica della crisi, ricorda che fu il parlamento italiano «ad autorizzare una missione che sino ad ora ha salvato migliaia di vite». E ha aggiunto che proporrà  un piano dettagliato per risparmiare spese e ritirare uomini dalle missioni militari nel mondo.
Ieri, è stata un’altra giornata di raid, mentre la Nato ha perso nella zona costiera un drone da ricognizione. Secondo Tripoli sarebbero 700 i civili morti finora sotto gli attacchi dell’Alleanza. Ma a Frattini che, dopo la distruzione per errore avvenuta domenica di un palazzo di Tripoli con dentro alcune famiglie, aveva avvertito «che è in gioco la reputazione dell’Occidente», ha risposto ha riposto un portavoce della Nato per la missione. «La nostra reputazione, la nostra credibilità  in Libia sono indiscutibili», ha replicato da Bagnoli Mike Bracken.
Ma non è solo l’Italia ad avere problemi sulla guerra di Libia: c’è anche la Gran Bretagna ad avere dubbi e difficoltà . Dopo le dichiarazioni preoccupate del capo della Royal Navy, ieri a dire che «la guerra per noi è insostenibile oltre settembre» è stato il numero due della Royal Air Force. Il generale Simon Bryant, capo operativo dell’Aeronautica britannica, ha inviato un rapporto al Parlamento. Le informazioni dovevano rimanere riservate, ma sono state passate al Daily Telegraph: «Lo spirito di combattimento del personale della Raf è messo a dura prova dall’intenso carico di lavoro, molti settori del corpo sono in ebollizione», scrive l’air marshal Bryant. Ma l’elemento più pericoloso, comune a quanto inizia a circolare nella stessa Aeronautica militare italiana, è la mancanza di fiducia nella visione della politica sul conflitto. «Vi è preoccupazione sulla mancanza di direzione strategica percepita che diminuisce la fiducia nella leadership», scrive il generale nella sua nota.
Poche ore dopo la pubblicazione dell’articolo del Telegraph, il premier Cameron ha deciso di uscire in pubblico per dire che «la Gran Bretagna sarà  in grado di rimanere impegnata in Libia per tutto il tempo necessario». È un segnale inevitabile, che però a questo punto non riesce a nascondere le difficoltà  fra governo e forze armate. Solo la settimana scorsa era stato il capo di Stato maggiore della Royal Navy, l’ammiraglio Mark Stanhope, a denunciare la mancanza di fondi per l’operazione in Libia, anche lui attribuendone l’origine ai tagli decisi dal governo.

 


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