«Tortura, vergogna senza fine. Ma per l’Italia non esiste il reato»

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Nonostante l’assoluto divieto legislativo, la tortura non è ancora stata sconfitta e continua a infliggere indici-
bili sofferenze fisiche e psichiche. Metà  della popolazione mondiale vive infatti in Paesi che ancora la praticano. e un rifugiato su quattro, di quelli che arrivano in Italia, e in Europa, è vittima di tortura». A sottolinearlo, nella Giornata internazionale dell’Onu contro la tortura, è Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir). «Le vittime di tortura rimarca il Cir sono segnate da ferite e traumi che richiedono risposte specifiche, in grado di ricostruire ciò che la violenza della tortura e dell’esilio hanno distrutto: la loro identità  familiare, legale, economica, politica, culturale, sociale. Proprio per dare risposte a questi bisogni il Cir gestisce dal 1996 progetti che mettono in atto azioni mirate alla riabilitazione dei sopravvissuti a tortura». Per sensibilizzare e mobilitare contro la vergognosa pratica della tortura, il Cir ha organizzato due eventi. Il primo si è realizzato ieri, dalle 17:00 alle 22:00. «Abbiamo portato nelle strade di Roma – spiega Hein – la tortura, per scuotere e far riflettere: statue umane raffiguranti le vittime di Abu Ghraib e simboleggianti altre vittime di torture hanno rappresentato questa piaga a Campo de Fiori e Santa Maria in Trastevere». E oggi, alle 21:00 al Teatro Ambra Jovinelli a Roma, «porteremo in scena un gruppo di 12 rifugiati coinvolti in attività  di laboratorio teatrale di riabilitazione psico-sociale del Cir con lo spettacolo “Sulle tracce delle conchiglie” in memoria di Ken Saro Wiwa»
Ieri si è tenuta la Giornata internazionale dell’Onu contro la tortura. Qual è il quadro generale?
«Da una parte negli ultimi anni c’è stato certamente un progresso per ciò che concerne la normativa internazionale sulla punizione dei torturatori come anche sulla prevenzione. Il fatto che esista oggi una giustizia penale internazionale, apre la possibilità  che i torturatori non abbiano più un posto sicuro di impunità . E questo si spera possa essere un deterrente. Sul versante della prevenzione, esiste un protocollo aggiuntivo alla Convenzione Onu contro la tortura che prevede che un Comitato internazionale possa ispezionare, senza alcun preavviso, qualunque luogo di custodia di persone…». L’Italia in tutto questo?
«Purtroppo l’Italia, pur avendo firmato il protocollo non lo ha ancora ratificato. L’altra grave mancanza dell’Italia è che ancora non esiste il reato di tortura nel codice penale. Questo è un obbligo formale ormai da due decenni. Ma nonostante numerose proposte legislative, risulta incomprensibile che ancora oggi questo reato non risulti nell’ordinamento italiano. Il Cir da alcuni anni, proprio durante il mese di giugno, in occasione della Giornata mondiale contro la tortura, sta portando avanti delle campagne affinché finalmente questa grave lacuna sia rimossa». Tornando al quadro mondiale, c’è chi giustifica in qualche modo l’uso della tortura come strumento ineliminabile nella lotta al terrorismo…
«È preoccupante che in alcuni Paesi – gli Stati Uniti in testa – venga ancora messo in discussione il principio sacrosanto dell’assoluto divieto della tortura in qualunque circostanza. La lotta contro il terrorismo o la difesa della sicurezza nazionale non possono giustificare la tortura. E’ da ricordare a tal proposito che i trattati internazionali ed europei non ammettono una deroga al divieto della tortura».
Un rifugiato su quattro, di quelli che arrivano in Italia, e in Europa, è vittima di tortura… «Alla luce di questo dato, risulta importante rafforzare ed estendere l’insieme dei tre pilastri dell’approccio internazionale contro la tortura: la punizione; la prevenzione; la riabilitazione delle vittime. Parte della prevenzione è anche la sensibilizzazione e l’informazione. Per i superstiti della tortura, è imperativo fare il possibile per evitare la “ritraumatizzazione”, prima di tutto attraverso il riconoscimento del diritto di asilo e una accoglienza che rispecchi le particolari necessità  di queste persone».
Considerazioni che investono la strettissima attualità : la guerra in Libia, i migranti costretti a imbarcarsi a forza sulle carrette del mare…
«Un tema di drammatica attualità , visto la violazione dei diritti umani perpetrata in Libia e gli arrivi dei rifugiati dal Nord Africa. Proprio la settimana scorsa si è aperto il processo intentato da 24 eritrei e somali contro l’Italia davanti alla Corte dei diritti umani di Strasburgo; processo in cui l’Italia è accusata di aver respinto queste persone dal Mediterraneo in Libia, dove sarebbero state a rischio di tortura. La causa si riferisce a respingimenti avvenuti nel 2009».

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Mostre, spettacoli, sit-in, per rilanciare una sfida di civiltà 
Partiti, Ong, associazioni di solidarietà : la mobilitazione nelle piazze italiane per dire no alla tortura e per denunciare la mancanza nel codice penale di una sanzione anti-tortura
di U.D.G.

Ottocentoquaranta necrologi di persone morte in carcere dal 2002 ad oggi letti al centro di piazza Navona. Questo l’iniziativa che i Radicali Italiani hanno messo in campo ieri mattina in una delle principali piazze capitoline, in occasione della giornata internazionale dell’Onu contro la tortura. È andata così in scena la »tragedia di centinaia di detenuti defunti dietro le sbarre per suicidio, malattia o cause ancora da accertare«. Circa 200 persone vestite di bianco, sotto una forca allestita per l’occasione, hanno letto a turno il necrologio degli 840 morti nelle carceri italiane dal 2002, con nome e cognome e relativo istituto penitenziario. Tra i partecipanti la deputata radicale Rita Bernardini che ha parlato della »tortura quotidiana a cui sono sottoposte centinaia e centinaia di persone in carcere«. Abbiamo cercato con questa iniziativa ha spiegato Irene Testa, coordinatrice del Gruppo carceri dei radicali italiani-didareunnomeeunvoltoa quello che finora erano solo numeri. Sollecitiamo le istituzioni a prendere provvedimenti urgenti di fronte a quella che è una vera e propria emergenza».. .
«La tortura è un brutale tentativo di distruggere il senso di dignità  di una persona e il senso del valore umano». È il messaggio del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, in occasione della Giornata internazionale dell’Onu contro la tortura.
La tortura, afferma ancora Ban, «agisce anche come arma di guerra spargendo terrore, al di là  delle sue vittime dirette, alle comunità  e alle società . In occasione della Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura, onoriamo gli uomini e le donne che hanno sofferto, subendo il loro calvario con coraggio e forza interiore e piangiamo anche coloro che non sono sopravvissuti». Gli Stati, conclude il numero uno del Palazzo di Vetro, «devono adottare efficaci misure legislative, amministrative, giudiziarie o altre ancora per prevenire atti di tortura in qualsiasi territorio sotto la loro giurisdizione. Non c’è nessuna circostanza eccezionale e gli “obbligh” degli Stati comprendono anche il dovere di fornire un efficace e tempestivo risarcimento e riabilitazione per tutte le vittime della tortura».
La denuncia di Amnesty Un reato che punisce un «fatto grave» come la tortura nell’ordinamento giuridico italiano ancora non c’è, rimarca Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International. «Prevedere questo reato significa prevenire e poter punire quei comportamenti dei pubblici ufficiali che rientrerebbero nel suo ambito di applicazione. In sua assenza, invece – precisa Noury – si applicano le norme su reati meno gravi, con pene più lievi, che possono andare prescritti com’è successo nel processo di Genova sui fatti del G8». «Nel maggio del 2010 ricorda Noury di fronte alla Commissione Onu dei diritti umani, in occasione dell’esame periodico universale, l’Italia disse che non voleva istituire il reato di tortura perché erano applicabili le norme che disciplinavano altri reati». Oltre alla lacuna normativa che disciplini il reato di tortura, in Italia, conclude il portavoce di Amnesty International manca un «meccanismo di monitoraggio indipendente che vigili su cosa accade nei luoghi di detenzione, come le carceri, i centri per i migranti e le stazioni di polizia».


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