Nel cantiere fortino duemila agenti per 30 operai

by Editore | 28 Giugno 2011 8:17

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TORINO – Dove fino a ieri c’erano barricate, simboli e cartelli No Tav, oggi ci sono 500 tra carabinieri e poliziotti. Organizzati su tre turni hanno preso possesso di tutta l’area della Maddalena. Piazzale, strade di accesso e area del futuro cantiere. Tutta la Libera repubblica della Maddalena, per trentaquattro giorni regno della protesta e della propaganda contro il supertreno ora è presidiata dalle forze dell’ordine. Uno schieramento colossale, quasi due mila uomini se si considerano i tre turni, per un risultato che per l’Italia vale oro. Ieri è infatti partito il primo cantiere della Torino-Lione che mette in salvo, al 99%, i 671 milioni di euro che l’Unione Europea investe sull’opera. Ancora non sono del tutto al sicuro perché le condizioni che Bruxelles aveva posto entro il 30 giugno, contemplavano anche l’approvazione al Cipe del progetto preliminare e l’accordo internazionale tra Italia e Francia da ratificare il 6 luglio per la seduta della Commissione intergovernativa. Difficile che si faccia in tempo, ma il nodo vero, per Parigi e per l’Ue, era Chiomonte. Ed è l’obiettivo raggiunto, anche se i No Tav promettono di «impedire in ogni modo quei lavori, sarà  difficile mantenere il cantiere senza problemi». Al di là  della promesse ieri, dopo vent’anni, vari progetti, un Osservatorio tecnico, scontri, fiaccolate e manifestazioni, il cantiere della Torino-Lione è aperto. Un cantiere che sarà  militarizzato e blindato proprio per evitare che possibili blitz dei movimenti, supportati dal mondo antagonista e dai centri sociali, mettano a repentaglio lo scavo della galleria geognostica, durata prevista quattro anni, e per garantire l’incolumità  degli operai e i macchinari. Subito dopo il blitz ieri mattina i mezzi si sono messi al lavoro per spianare la via d’accesso alla zona da recintare e in cui installare il cantiere. Pali, rete e pareti per box in metallo nei prossimi giorni arriveranno a Chiomonte. Non sarà  una semplice palizzata, ma un fortino con fondamenta profonde anche quattro metri. Difficili da scalzare.
Pochi camion, che grazie a una convenzione, passeranno direttamente dall’autostrada, qualche escavatore e una trentina di operai che per tre settimane, salvo impedimenti, saranno al lavoro per delimitare la zona. Sarà  una prima recinzione, piccola e piazzata all’interno delle aree di demanio pubblico. Solo successivamente il «recinto» si allargherà  per inglobare tutta la lingua di terra che dovrà  ospitare mezzi, uomini, materiali per scavare il tunnel geognostico di 7.5 chilometri e che contempla anche terreni di proprietà  di privati, No Tav compresi. A loro è stato depositata una richiesta di occupazione temporanea dei terreni, anche se il futuro utilizzo del cunicolo ha mobilitato gli avvocati del movimento sulle vie legali. Ora servirà  a conoscere la roccia, poi come accesso al tunnel di base, a fine lavori, nel 2023, sarà  una galleria di sicurezza, nel caso in cui si verifichino incidenti nel megatunnel.
Il cantiere che per lo meno in una prima fase sarà  leggero. Solo quattro box di servizio con un piccolo ufficio, un bagno, un riparo per gli attrezzi. Il resto dello spazio sarà  appannaggio esclusivo delle forze dell’ordine. Una piccola caserma nel cuore della Val di Susa. Da quest’autunno toccherà  alla talpa che dovrà  scavare la galleria. In Francia ne sono già  state realizzate, e concluse tre, a Laz Paz, Saint Martin la Porte e Bourget Modane. Sul fronte italiano una prima galleria era prevista a Venaus, ma i lavori non sono mai partiti per gli scontri nel 2005. Poi l’Osservatorio ha cambiato il progetto e ha spostato la discenderia da Venaus alla Maddalena. Uno slittamento che ha fatto scattare il ricorso al Tar da parte della Comunità  montana della valle «perché si tratta di due opere diverse, in luoghi diversi e con costi diversi. Ma il governo ha scelto di non rifare l’appalto e assegnare i lavori alla stessa Cmc che aveva vinto quelli di Venaus». L’udienza non è ancora fissata, ma c’è la richiesta di sospensiva che potrebbe bloccare il cantiere, annullando lo sforzo di ieri, con buona pace dei No Tav.
Quella della Torino-Lione è una marcia a tappe forzate. Messi al sicuro per ora i fondi europei, le prossime scadenze sono l’avvio dei lavori entro il 2013 per il tunnel di base e la stazione internazionale di Susa che dovranno essere operativi entro dieci, massimo dodici anni. Solo dopo si scaverà  in bassa valle, con il doppio obiettivo di rimandare le proteste in una zona densamente popolata e risparmiare qualche soldo che in un progetto da oltre 14 miliardi di euro non è particolare da sottovalutare.

 

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