Scola arcivescovo di Milano: “Torno a casa”

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«Mi ASPETTA la chiesa di Milano: quella in cui sono stato svezzato contemporaneamente alla vita e alla fede». Il cuore del cardinale Angelo Scola, come ammette lui stesso, «è un po’ travagliato». Ma quale migliore dichiarazione di questa, lanciata ieri assieme a quella per Venezia e la «splendida avventura vissuta nelle terre di Marco», per suggellare la propria nomina a nuovo arcivescovo ambrosiano.
Scola è commosso, a metà  fra il «dolore» per la città  che lascia e «l’affetto» per quella pronta ad accoglierlo. «Ho obbedito alla decisione del Papa – spiega – perché è stato il Papa, qualche giorno fa, a portarmi a conoscenza della sua decisione». E ora Milano lo aspetta l’8 di settembre, con speranza e curiosità .
Molti guardano con attesa, ad esempio, al suo rapporto con Comunione e Liberazione, movimento a lui vicino e forte nella realtà  lombarda, che ieri ha salutato il suo arrivo con un comunicato. «Ci uniamo alla gioia del popolo ambrosiano per la Sua nomina ad arcivescovo di Milano – gli ha scritto il presidente, don Julian Carron – consegniamo nelle Sue mani le nostre persone, per continuare a collaborare alla missione della Chiesa secondo la natura del carisma che abbiamo ricevuto da don Giussani». E Famiglia Cristiana contesta le impressioni che il Patriarca di Venezia sia stato mandato nella diocesi più grande del mondo per normalizzarla. «Dionigi Tettamanzi non ha sbagliato – scrive il settimanale – Scola non va a Milano a correggere alcunché».
Tettamanzi ieri nella cappella arcivescovile nel palazzo della Curia ha come sempre riservato grandi sorrisi alla folla di giornalisti accorsi per ascoltare l’annuncio ufficiale, ma non ha concesso nemmeno una parola in più al di fuori del cerimoniale. Dopo aver venduto tutti i suoi oggetti di valore – quadri, cose sacre, doni ricevuti – per finanziare il Fondo Famiglia e lavoro (13,5 milioni di euro donati a 5.500 famiglie di disoccupati lombardi), è pronto per traslocare al centro di spiritualità  di Triuggio, alle porte di Milano. Lascia con rammarico – questo è noto – a differenza del suo predecessore Carlo Maria Martini che sembrava non vedere l’ora di potere tornare ai suoi studi.
Sul nuovo arcivescovo per ora in Curia nessuno si espone, anche se qualche mal di pancia e preoccupazione l’arrivo del ciellino Scola lo crea. Alcuni si auguravano una nomina diversa (Forte, Monari e Giordano i nomi più gettonati). Solo il movimento «Noi siamo Chiesa» prende posizione ufficialmente parlando di «notizia che suscita amarezza e delusione». Ma molta attesa c’è anche nel vasto bacino del cattolicesimo di base, soprattutto perché tradizionalmente i ciellini – forti nel mondo politico e imprenditoriale milanese – a livello ecclesiale sono in minoranza. La Curia di Milano collabora strettamente con le Acli e la Caritas per la gestione del Fondo famiglia. E le Acli, assieme ad Azione Cattolica e Ambrosianeum, hanno di fatto sostenuto l’elezione di Giuliano Pisapia a sindaco.
La Lega brinda al cambiamento con l’eurodeputato Matteo Salvini che canta vittoria per la cacciata dell’«imam Tettamanzi», augurandosi che Scola «riesca a unire la nostra città  e non a dividerla come ha fatto il suo predecessore, per il quale c’erano milanesi figli di un dio minore». Tutto l’establishment invece lo ringrazia per quel che ha saputo fare: da Pisapia fino al presidente della fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti. E anche don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità , e voce autorevolissima della Chiesa milanese – pur non essendo amato dal mondo ciellino – si dice «fiducioso per la stagione che si apre e pieno di speranza: sono felicissimo per l’arrivo di Scola che porterà  a Milano il suo importante contributo culturale dopo aver avviato un confronto ricco e profondo sul tema dell’integrazione e del meticciato, che mi sta molto a cuore».


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