Stop umanitario ai raid? Mai

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L’italia sarebbe «certamente» pronta a «sostenere» un appello che arrivasse da Lega araba, Unione africana, Nazioni unite e Unione europea per «la sospensione immediata delle ostilità  e per consentire corridoi umanitari» in Libia. Questo ha detto ieri il ministro Franco Frattini nell’audizione di fronte alle Commissioni esteri e politiche Ue di Camera e Senato, spiegando che l’auspicio è quello dell’appello per un «cessate il fuoco umanitario che abbia due caratteristiche: da una parte non pregiudichi il negoziato politico che esclude la partizione della Libia e la permanenza di Gheddafi al potere», dall’altra dovrebbe «consentire quell’ingresso negoziato che in modo forzoso non ci sarebbe comunque consentito». «L’alternativa – dice Frattini – è non fare niente, continuare con la situazione di belligeranza». Dell’ipotesi di corridoi umanitari si era discusso al vertice Ua, Lega araba, Onu e Ue e Conferenza islamica che si è svolta il 18 giugno scorso al Cairo, nell’ambito degli sforzi per trovare una soluzione alla crisi libica.

Frattini ha precisato anche che al momento «non sappiamo quale possa essere la posizione del Cnt» (scommettiamo che sarà /sarebbe negativa?) mentre sappiamo per certo che da parte del regime libico «è stato più volte annunciato e promesso» un cessate il fuoco mai arrivato. In ogni caso, ed è vero, «credo che se uscisse da questi quattro organismi internazionali un appello forse sarebbe più difficile dire di no e certamente l’Italia sosterrebbe questa posizione».
Finalmente Frattini ne ha detta una giusta (anche se è lecito il sospetto che fosse rivolta più che al teatro internazionale al teatrino interno, leggi Lega). Sapendo però e scontando la risposta (che ascolterà  di persona al Consiglio europeo fissato per oggi a Bruxelles). Immediata e negativa su tutta la linea. Sia all’interno (Gennaro Migliore, Sel: «insufficiente e tardiva»), sia soprattutto all’esterno con, per ora, le uniche e inascoltare eccezioni dei presidenti della Lega araba e dell’Unione africana, Amr Moussa e Jean Ping: no della Nato (il segretario Rasmussen e il generale canadese Boushard), no dell’Inghilterra e della Francia. Con la solita penosa litania: la sospensione anche temporanea consentirebbe a Gheddafi di prendere fiato, a pagare sarebbero «i civili». Quei civili che i raid Nato stanno facendo a fette, almeno a Tripoli e in Tripolitania (anche coi droni: non si sapeva). Quindi, al contrario, bisogna «intensificare la pressione» della guerra umanitaria, su cui anche Frattini si è detto d’accordissimo. L’ha ricordato perfidamente il portavoce del ministero degli esteri francese: «La coalizione e i paesi riuniti nel Gruppo di contatto a Abu Dhabi, due settimane fa, sono stati unanimi nella strategia da seguire». Bombe e più bombe.
Per cui nel pomeriggio la goffa retromarcia della Farnesina: quella di Frattini è solo «un’ipotesi di lavoro» e «non una proposta italiana», ha voluto precisare il portavoce Maurizio Massari, nessuna intenzione di «mettere in discussione la no fly zone e la missione della Nato», «stiamo lavorando nella giusta direzione», se questa «ipotesi di lavoro» si traducesse «in un appello l’Italia lo prenderebbe in considerazione», anche se «ovviamente occorerebbe il consenso dei paesi Nato, del Gruppo di contatto del Cnt libico». Di cui si è già  vista la risposta.
Allora, avanti tutta, senza farsi distrarre da false considerazioni umanitarie, magari con un po’ più di attenzione nel selezionare gli obiettivi «militari» e nel tenere sotto controllo i droni (uno è caduto vicino a Zliten). 
Ieri i raid umanitari hanno colpito a Khoms, 100 km a est di Tripoli, a Nalut, nel sud-ovest, e Tajura, a est della capitale. «Postazioni civili», secondo la tv libica. Le navi Nato hanno invece bombardato Zliten, provocando «decine di vittime» (sempre la tv libica). Razzi dei lealisti su Misurata, dopo qualche settimana di quiete. 


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