Strappo sul contratto nazionale. Confindustria nella bufera

Loading

ROMA – Fiat, Confindustria e il sempre più difficile scontro sul peso dei contratti nazionali e aziendali. La polemica, già  nell’aria da tempo, è pronta ad esplodere e la via d’uscita che sabato scorso l’associazione delle imprese ha provato ad indicare non ha fatto che gettare benzina sul fuoco, suscitando dure reazioni nell’opposizione e nel sindacato.
Si sa che Sergio Marchionne – amministratore delegato di Fiat e Chrysler – per far pesare la valenza del contratto aziendale (debuttato nella newco di Pomigliano) su quello nazionale, sta pensando di uscire da Confindustria. Alberto Bombassei, vicepresidente degli industriali ha provato a trovare una «quadra», ma il suo intervento invece che placare ha alzato il tiro delle proteste. Fiat può stare il Confindustria, ha affermato, «pur avendo un contratto sostitutivo rispetto al contratto nazionale di lavoro». Bombassei si è detto pronto a definire in proposito «un accordo con le organizzazioni sindacali che possa poi essere recepito dal legislatore». Di fatto un’apertura alle richieste della Fiat che vorrebbe che i contratti stipulati a maggioranza siano vincolanti per tutti.
Ma la posizione di Confindustria non è piaciuta affatto al Pd. «Bombassei cerca di tenere assieme capra e cavoli» ha detto Cesare Damiano, capogruppo in Commissione Lavoro. «Una simile innovazione rappresenta uno strappo con la situazione esistente: è giunto il momento di tentare la strada di una nuova regolazione delle relazioni industriali , altrimenti, procedendo per strappi successivi, si andrà  verso la balcanizzazione e verso il depotenziamento della rappresentatività  delle grandi associazioni d’interesse, siano esse a tutela del lavoro che dell’impresa».
Dura reazione anche dell’Italia dei Valori : «Dire oggi che gli accordi aziendali possono sostituire i contratti nazionali è pura demagogia – ha detto il responsabile per il lavoro Maurizio Zipppni – perché il numero di aziende che dal 2009 hanno fatto accordi è pari al 2 per cento. Ciò significa che Bombassei ambisce a rappresentare il 2 per cento delle imprese». Quella espressa dal vicepresidente di Confindustria è «un’idea sbagliata» anche per la Cgil. «Noi continuiamo a pensare che il contratto nazionale sia il punto di riferimento generale per le tutele e che bisogna poi incrementare la contrattazione di secondo livello per le questioni specifiche – ha detto la leader Susanna Camusso – Se passa l’idea che ci sia una legge sulle modalità  di contrattazione spero che poi il vicepresidente raccolga le firme per sciogliere Confindustria perché non si capirebbe più quale senso avrebbero le rappresentanze delle parti sociali».
La partita è fondamentale, anche perché la questione dei contratti si sposa a quella sulla necessità  di «pesare» la rappresentanza sindacale, tema sul quale la stessa Confindustria chiede una legge. Ma l’associazione è tesa ad ottenere anche la riforma fiscale. Per dare maggiore peso alla richiesta gli industriali hanno messo nero su bianco i numeri dello «svantaggio» rispetto agli altri paesi europei. Da uno studio in collaborazione con Deloitte risulta che, per una società  per azioni «l’imposizione fiscale in Italia è del 58 per cento, contro il 43 della Germania, il 40 del Regno Unito e il 29 della Spagna». Peggio di noi solo la Francia (60 per cento).

 


Related Articles

Lussemburgo e Austria cedono Tramonta il segreto sui conti

Loading

BRUXELLES — Lussemburgo e Austria rivedono la difesa a oltranza del segreto bancario, che consente alle loro banche di fare concorrenza a quelle svizzere e degli altri paradisi fiscali nell’attirare stranieri interessati a occultare capitali provenienti dall’evasione o dall’elusione delle tasse.

La resistenza della Gkn: «Se sfondano qui allora sfondano dappertutto»

Loading

Il caso nazionale. I cancelli della fabbrica di Campi Bisenzio trasformati in un’agorà pubblica e politica. Assemblea permanente, concerti e tanti atti di solidarietà per i 422 licenziati e i lavoratori dell’indotto

Le pensioni secondo Elsa Fornero

Loading

La proposta di riforma della Fornero.  Via al sistema contributivo per tutti così si riducono le disparità  padri-figli e uscita dal lavoro solo dopo i 63 anni.   Le posizioni di privilegio perdurano per molte categorie, come i liberi professionisti con le loro casse e i politici con i loro vitalizi. Serve una fascia di flessibilità  che incoraggi il lavoratore a ritardare l’uscita dopo i 65 anni con un incremento automatico di pensione. “Le nuove regole devono rispettare la sostenibilità  finanziaria ma anche l’equità  e l’attenzione ai più deboli” “Finora si sono scaricati gli oneri degli aggiustamenti sulle nuove generazioni proteggendo invece i meno giovani” “I risparmi di spesa sarebbero tutt’altro che irrisori, potendo arrivare a 30-40 miliardi nei primi cinque-sei anni”  

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment