Ultimatum della Lega al governo “Riforma fiscale o si va a casa”

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MILANO – Più di lotta che di governo. Fino a salire sul carro dei sindacati, che minacciano lo sciopero generale. Alle vigilia di Pontida, la Lega affida a Roberto Calderoli un’uscita choc; riforma fiscale o si va a casa. L’esponente del Carroccio si dice pronto a svestire i panni di ministro per andare in piazza insieme ai sindacati se l’esecutivo non dovesse accogliere la richiesta: «La riforma va fatta subito, diversamente dovrò partecipare anch’io allo sciopero generale, e non più come rappresentante del governo». 

Il titolare della Semplificazione sposa appieno le dichiarazioni bellicose dei leader di Cisl e Uil, che chiedono a gran voce «una manovra correttiva con un forte ridimensionamento della spesa inefficiente e improduttiva, a partire da quella politica», come spiega Raffaele Bonanni. «Il governo faccia la riforma, altrimenti se ne può pure andare», taglia corto Luigi Angeletti. Calderoli dice che «non è più tempo di litigi», e condivide parola per parola ciò che sostengono i due sindacalisti. Tutti capiscono che è pronto a dimettersi se il premier non convincerà  il ministro dell’Economa ad allentare subito i cordoni della borsa. Ma a chi gli chiede l’interpretazione autentica di questa uscita clamorosa, lui risponde così: «Ho detto che hanno ragione Bonanni e Angeletti; che poi la riforma fiscale sia una richiesta della Lega non è una notizia dell’ultimo momento».
A dargli manforte ecco l’altro colonnello, Roberto Maroni, il leghista che in queste settimane ha guidato la fronda anti-berlusconiana – e pure anti-tremontiana – che agita le acque nel Carroccio: «Bisogna tener conto delle richieste di Cisl e Uil, due sindacati che non hanno un atteggiamento ideologico, cioè né a favore né contro la maggioranza». Insomma, se la riforma la chiedono anche loro «a maggior ragione il governo deve essere impegnato a farla in tempi rapidi». C’è un problema, e si chiama Moody’s. L’agenzia internazionale minaccia di rivedere al ribasso il rating dell’Italia, e con questi chiari di luna i margini non solo per una riforma del fisco, ma anche per una manovra più leggera sono sempre più stretti. I leghisti lo sanno benissimo, e anche su questo fanno partire una controffensiva. Per Maroni il messaggio di Moody’s è «quasi intimidatorio», soprattutto perché l’agenzia «non dice che declasserà  l’Italia, ma che forse lo farà  tra tre mesi». Ma di qui a settembre «può succedere di tutto e di più», novanta giorni sono sufficienti «per fare scelte importanti, impegnative e soprattutto coraggiose; solo così le agenzie di rating si accorgeranno che c’è un governo che governa».
L’opposizione non ci crede. Ecco il leader del Pd Pierluigi Bersani, che si lancia in un pronostico: «Lasceranno l’Italia con il cappio al collo, perché verremmo messi di fronte a un’alternativa del diavolo: azzardare una rischiosissima ridiscussione con la Ue o avere una ricetta recessiva». Mentre il dipietrista Felice Belisario infierisce su Calderoli: «Da docile agnello sin trasforma in leone; siccome il governo non è in grado di fare le riforme, tiri fuori subito bandiere e striscioni». Lo attacca anche Osvaldo Napoli, del Pdl: «Capisco le esigenze tattiche della Lega, ma invito il ministro a non rincorrere i Verdi e il Prc quando manifestavano in piazza contro il governo Prodi».

 


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