Un accordo che specula sulla fame

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PARIGI – Il ministro dell’agricoltura francese l’ha definito «un accordo storico» e il suo omologo americano gli ha dato ragione. Per il direttore generale della Fao è stato «molto positivo». Ma le 24 pagine del comunicato finale del vertice dei ministri dell’agricoltura dei paesi del G20, chiusosi ieri nel primo pomeriggio a Parigi, lascia molti dubbi e l’amaro in bocca a milioni di contadini, soprattutto degli Stati più poveri del mondo.
Le attese erano tante. Per la prima volta il G20 dedicava un summit ministeriale solamente al tema dell’agricoltura. Il vertice cadeva in un momento delicatissimo per i mercati delle commodity agricole. Oramai è chiaro che il nuovo rialzo dei prezzi delle derrate alimentari iniziato nel luglio 2010 sta raggiungendo picchi che superano in alcuni casi anche le impennate del 2007-2008, a cui seguì un drammatico crollo in seguito al fallimento della banca d’affari americana Lehman Brothers a fine 2008.
Più della metà  del cibo nel mondo è prodotto dall’agricoltura familiare e contadina, e ciò nonostante il 75% del miliardo di affamati del pianeta vive nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo. Un paradosso spiegabile facilmente se si pensa che quel 13-14% di produzione agricola che va sui mercati globali ed è gestito da poche multinazionali detta il prezzo e le condizioni a gran parte delle produzioni e consumi locali in ogni parte del globo. Costringendo così i piccoli produttori a esportare a prezzi da fame, per importare a caro prezzo i prodotti mancanti ed i vari input necessari a produrre. A Parigi i ministri dell’agricoltura hanno dato una risposta parziale e ancora liberista al problema, non mettendo mano alle vere cause. L’unico elemento nuovo è la creazione di un sistema integrato per aumentare la trasparenza nei mercati delle commodity agricole, su dati di produzione, consumo e riserve, così da capire meglio l’andamento dei mercati e il ruolo della finanza.
Il G20 agricolo chiede più apertura e la chiusura dei negoziati alla Wto, che porterebbe nuove liberalizzazioni, nonostante i fallimenti del mercato globale nel ridurre proprio la volatilità  dei prezzi. Sul tema delle riserve a fini umanitari, ma anche per provare a calmierare i mercati – visto che in gran parte del mondo gli stock sono stati privatizzati – l’accordo non c’è stato, ma solamente la richiesta di studiare un progetto pilota che guarderà  alle possibilità  su scala regionale. Al contrario ha tenuto banco la questione della ricerca in agricoltura per aumentare la produttività , con uno scontro dietro le quinte tra i francesi, da sempre orientati sulla ricerca pubblica e i relativi meccanismi di coordinamento a livello internazionale, e i nordamericani più interessati ai privati. Sarà  lanciato un nuovo programma specifico sul grano, incluso quello duro, ma niente di più.
Ma il vero elefante nelle stanze di Parigi è stata la speculazione finanziaria, tra i principali imputati sul sali scendi senza precedenti dei prezzi del cibo negli ultimi anni. I ministri agricoli non hanno una competenza esplicita in materia, ma ci si aspettava più coraggio nell’indirizzare con forza i colleghi alle finanze ad agire prima della prossima crisi alimentare. Il comunicato di ieri si è limitato a riportare quanto il G20 finanze di aprile aveva detto e niente di più. Un’enorme occasione persa, ma qualcosa di più grave è successo. Gli stessi ministri dell’agricoltura hanno accolto con grande favore il nuovo programma della Banca mondiale che, in collaborazione con la banca d’affari americana JP Morgan, promuove l’utilizzo dei prodotti derivati finanziari tra i piccoli produttori e contadini dei paesi più poveri come unica vera soluzione per assicurarsi contro le oscillazioni dei prezzi. Il G20 chiede che le varie banche multilaterali di sviluppo promuovano un meccanismo unico di consulenza per guidare i governi dei paesi poveri. Un paradosso: la speculazione tramite i derivati finanziari esaspera ancora di più la volatilità  dei prezzi facendo arricchire le solite élite finanziarie, e si invitano i contadini più poveri, vittime delle speculazioni, a giocare anche loro al grande casinò finanziario mondiale comprando derivati su che tempo farà  e come andrà  il raccolto. Un sadismo che solo il populismo di Sarkozy poteva partorire.


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