Ungheria, uno schiaffo alla Clinton

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BERLINO – Uno schiaffo dal potere, un saluto e un appello alla solidarietà  dagli intellettuali liberal. Domani, quando Hillary Clinton arriverà  a Budapest, le sembrerà  forse di essere tornata a prima del 1989 della caduta dell'”Impero del Male”. Perché nell’Ungheria del governo nazionalconservatore, molte cupe ombre del passato pesano sul presente. Roosevelt tér, la piazza dedicata al presidente americano che sconfisse Hitler, Mussolini e il Giappone di Tojo, è stata ribattezzata. E intanto i grandi nomi dell’intellighenzia che combatté per la libertà  contro il comunismo hanno lanciato un drammatico appello alla Segretario di Stato: le chiedono di levare la sua voce contro la svolta autoritaria.
Dal dopoguerra, anche sotto la dittatura e l’occupazione sovietica, la centralissima piazza Roosevelt aveva continuato a chiamarsi così. La Memoria di “FDR”, tollerata dall’ancien régime comunista, è cancellata dalla nuova destra al potere. La piazza ora è intitolata al conte Istvan Szechenyi, leader politico e imprenditore del 19mo secolo, «il più grande tra gli ungheresi». Roosevelt era odiato dalla dittatura alleata dell’Asse, che nel 1944 lo chiamò «ministro degli Esteri dell’ebraismo mondiale». L’ultradestra di oggi, Jobbik, esulta per il cambio di nome. Come se cancellare il ricordo dell’eroe del New deal e della vittoria equivalesse a togliere i nomi di piazze strade che evocano il socialismo reale.
Su questo sfondo, è partito l’appello a Hillary dei grandi della cultura ungherese. Lo scrittore Gyorgy Konrad, il filosofo Gaspar Miklos Tamas, il romanziere Miklos Haraszti, l’ex sindaco liberal di Budapest Gabor Demszki: erano, prima dell’89, gli amici magiari di Solidarnosc, di Havel, o di Sakharov. Leader del dissenso tornati dissidenti oggi, emarginati come pensiero critico dal nuovo potere. Denunciano che «l’Ungheria si sta velocemente allontanando dagli standard dello Stato di diritto», che «un sistema autocratico è in costruzione». Il governo, denuncia la lettera aperta, ha avuto per prima vittima la stampa, con l’onnipotente autorità  di controllo dei media e la legge-bavaglio. Poi sono venuti i limiti alla Consulta, la nuova Costituzione criticata dal Consiglio d’Europa, le mani sull’indipendenza della magistratura. Infine leggi che riducono il diritto di habeas corpus e allungano a 120 ore la detenzione senza controllo della magistratura e a 48 ore la detenzione senza diritto di consultare i propri avvocati. «La visita del presidente Bush senior nel 1989 aiutò noi ungheresi a costituire la democrazia, la sua visita, signora Clinton, può aiutarci a impedire la demolizione della democrazia oggi, siamo certi che farà  sentire la sua voce», scrivono le grandi voci critiche dell’Ungheria.
(ha collaborato Agi Berta)


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